Prima di ogni considerazione: rigettiamo ogni tentativo becero di screditare quanto si sta per dire con l’accusa mancare di rispetto all’Onorevole Teresa Bellanova, titolare del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Foreste.
Francamente è raro avere la fortuna che il Dicastero di Via xx settembre 20, di cui fu il primo ministro Cavour sia affidato ad una persona che conosce il lavoro di schiena e di braccia, vivendo in campagna e difendendo i lavoratori.
Ci sarà tempo e modo di giudicare la nascita del nuovo governo, il suo programma, il suo profilo di competenze e il peso e la responsabilità di una scommessa da concretizzare perché il Paese non può aspettare.
Del resto l’Italia, purtroppo, è ancora attraversata da flussi di ignoranti e nostalgici che vorrebbero ritornare a un periodo di stenti e di fame che nel secolo scorso ha quasi definitivamente cancellato valori come democrazia, pace è libertà. In un Paese normale, quando un lavoratore raggiunge risultati importante attraverso lavoro e sacrificio, è motivo di vanto.
Nel concreto, oltre le dichiarazioni di impegno di lotta al caporalato e di rilancio del sistema Agricoltura, prima dei buoni propositi c’è l’Ambiente, il quale coinvolge tutti: dalle imprese alle famiglie. Siamo consumatori di aria, acqua, terra e sole; e quindi necessitano tutti di aree di green economy da valorizzare e implementare.
Oggi le politiche per la sostenibilità ambientale e la lotta alle disuguaglianze rappresentano uno uno stato di necessità. L’agricoltura va ripensata, in un contesto dove la stessa Unione Europea deve iniziare a rimodulare le risorse
di circa il 40% del suo bilancio. Prima l’uomo, la qualità della vita e il benessere di ogni essere vivente. Solo dopo le strategie di produzione e di mercato.
Bisognerebbe voltare pagina separando la politica dai sistemi produttivi. Vanno sconfitte le cassandre che generalizzano mettendo sullo stesso piano uomini, macchine e campagne elettorali.
È fondamentale prendere atto dei cambiamenti della storia. E’ tempo di tenere conto anche dei numeri per poi guardare oltre, progettando e promuovendo politiche pubbliche che guardino al futuro e non alla conservazione.
Come Confeuro ribadiamo con forza la necessità di mettere in discussione lo status quo e dimostrarsi aperti al cambiamento: fingere per non cambiare nulla, perché è in gioco il consenso, è come dare ragione a quanti de-responsabilizzandosi hanno creato le condizioni per la fine.
Il Paese chiede il coraggio di concentrare energie e risorse in riforme che guardino al futuro. Vuole una politica che sia per gli investimenti e non per i sussidi e che non ostacoli, ma gestisca il cambiamento tecnologico. Serve un modello capace di organizzare lo sviluppo attraverso il coinvolgimento ri tutti coloro che hanno qualcosa da dare al Paese e che lo fanno senza porgere l’altra mano.