Più che una crisi di governo, è una crisi mistica.
La Trinità al centro dell’inquadratura: Conte, Salvini e Di Maio. Padre, Figlio e Spirito Stanco.
La Presidente del Senato in viola quaresima. Salvini che si ingobbisce sulla sedia per sbaciucchiare il rosario come una beghina. Renzi l’ego della bilancia, che legge un passo del vangelo «ovviamente secondo Matteo». Salvini, in attesa delle stimmate, che cita papa Wojtyła e raccomanda l’Italia al cuore immacolato di Maria. Toninelli concentrato al punto da sembrare illuminato, o fulminato. C’è persino un miracolo, la resurrezione di Scilipoti.
Bisogna riconoscerlo: in quasi mezzo secolo di potere la DC, che pure si chiamava Cristiana, non arrivò mai a tanto. Scalfaro aveva la spilla dell’Azione Cattolica all’occhiello, ma non la brandiva di continuo. Quanto a De Gasperi, si limitava ad andare a messa con Andreotti. Uno parlava con Dio e l’altro col prete, scrisse una volta Montanelli. Sì, ma a me il prete rispondeva, chiosò Andreotti, e la questione fini lì.
Adesso il mondo dello spettacolo annovera ben tre Don Matteo, però solo il più anziano non oscilla nei sondaggi, quello che da giovane faceva a botte al cinema con Bud Spencer. Gli altri due fingono di darsele tra loro in Parlamento. Il lombardo è un parroco alla mano, purché accessoriato di telefono per i selfie. Il toscano è un prelato algido, però ironico. Ostentano simboli e testi religiosi, ma non abbiate paura: rimangono ostinatamente in missione per conto di D’Io.
(M.Granellini)