COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA ARTICOLO 21 (Iniziativa Comune)

Nov 16, 2018 | Dalla Confeuro

L’Articolo 21 della Costituzione italiana sancisce e difende la libertà di espressione e di informazione; in particolare la libertà di espressione è una delle condizioni base per il progresso delle società democratiche e per lo sviluppo dei singoli cittadini. Rappresenta la possibilità di esprimere, non solo idee accolte favorevolmente o considerate inoffensive per le quali non ci sarebbe nessuna esigenza di tutela, ma piuttosto quelle che scioccano, inquietano, urtano ed offendono una parte qualunque della popolazione.
Evidentemente, però, esistono dei “limiti”, infatti non può essere tutelata incondizionatamente e non può essere garantita, secondo quanto stabilito dalla Costituzione, una libertà di pensiero illimitata.
Pertanto la Costituzione italiana promuove la critica costruttiva nel rispetto delle persone.
In segno di solidarietà pubblichiamo il testo dell’Articolo 21 della Costituzione della Repubblica Italiana, come testimonianza della nostra adesione all’impegno comune di editori e giornalisti in difesa dell’informazione.
Articolo 21
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, sporgere denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa, nell’occasione ha scritto questa nota:

«L’articolo 21 della Costituzione è uno dei pilastri della democrazia italiana. Nel momento in cui l’informazione finisce nel mirino di esponenti di forze politiche di governo, con insulti ai giornalisti, minacce e annunci di pseudo-riforme dal chiaro sapore ritorsivo nei confronti di lavoratori e aziende, richiamarsi insieme ai valori della nostra Carta è un atto dovuto. FIEG e FNSI hanno condiviso l’iniziativa di pubblicare sui quotidiani l’articolo 21 della Costituzione. Ferma restando la normale dialettica tra le parti sociali, l’esigenza di salvaguardare un’informazione libera e pluralista, come ha ricordato più volte il presidente Mattarella, è il presupposto per la sopravvivenza del sistema democratico. È un’iniziativa non usuale perché il momento è delicato. Come già avvenuto l’estate scorsa negli Stati Uniti, quando 320 quotidiani hanno pubblicato nella stessa giornata articoli di presa di distanze dagli attacchi del presidente Trump alla stampa, bisogna reagire insieme. I giornalisti, come tutti, possono sbagliare, ma l’informazione, tutta l’informazione, è essenziale per il diritto dell’opinione pubblica ad essere informata. Nonostante le difficoltà, la stampa italiana non intende abdicare al proprio ruolo. Se ne faccia una ragione chi, come il vicepremier Luigi Di Maio, prova adesso a cavalcare il problema dei giornalisti precari, dimenticando di essere stato lui, insieme con il suo ministero, ad opporsi all’approvazione di una norma, proposta da alcuni parlamentari della minoranza, che andava nella direzione del contrasto al lavoro precario. Lo stesso discorso vale per il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che agita la riforma dell’editoria come un manganello contro giornalisti ed editori, ignorando tutte le proposte già presentate che potrebbero rappresentare il punto di partenza per discutere seriamente del riordino e del rilancio del settore e del mercato del lavoro».

Gruppo di Cooperazione e di Proposte