IL COLORE DELLA COSCIENZA

Giu 21, 2018 | Dalla Confeuro

Il pomodoro, meglio il pomorosso, o pomosole è una solanacea che vive e cresce solo con i raggi del sole. È un ortaggio giunto in Europa dal lontano oriente, in Italia è la pianta più conosciuta il cui seme ormai è sempre più ibrido, alimento fondamentale della cucina di moltissimi popoli. Che sia usato sotto forma di passata, di pelati, di salsa o di concentrato, il pomodoro è a tutti gli effetti un alimento universale.
Purtroppo la storia recente e piena di dubbi e per certi versi anche raccapricciante, come evidenziato nel documento – inchiesta, L’Impero dell’oro rosso il francese Jean-Baptiste Malet.
L’inchiesta – spiega Malet – è iniziata quando casualmente ho scoperto che Le Cabanon, uno stabilimento storico di produzione industriale di pomodoro francese era diventato cinese. La cosa mi ha subito incuriosito perché si trattava del più grande stabilimento francese. Così ho bussato alla porta e ho chiesto di poter fare delle domande, ma mi è stato risposto che non parlavano con i giornalisti. Mentre ero lì ho notato dei grandi fusti blu con la scritta “made in China”, che ho rivisto poi anche in Italia, e mi sono chiesto “come mai il concentrato di pomodoro arriva dalla Cina, in posti dove i pomodori sono sempre stati coltivati?”.
Insospettito ho viaggiato tra la Cina, gli Stati Uniti, l’Africa e l’Italia e sono riuscito a tracciare un quadro completo di questo mercato. Poi – sono stati degli industriali italiani a insegnare il mestiere ai cinesi, esportando lì i macchinari made in Italy e chiedendo in cambio il prodotto. Dietro il successo della Cina, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, c’è stata un’ingente importazione fatta dai colossi dell’industria conserviera italiana. Gino, una marca importante di scatole di concentrato di pomodoro cinese, molto conosciuta in Africa, è nata a Salerno.
Nella zona portuale di Tianjin ho visitato dei conservifici e ho scoperto che, per abbattere ulteriormente i costi, alcuni produttori cinesi aggiungono al concentrato di pomodoro una polvere bianca che consiste in un miscuglio di sostanze addensanti che non viene indicato sulle etichette.
L’aspetto più inquietante è che il concentrato di pomodoro cinese viene esportato nel mondo sotto mentite spoglie.
Ogni anno un milione di tonnellate di concentrato di pomodoro lascia il porto di Tianjin in barili blu. Mille di queste arrivano ogni settimana a Salerno, dove, prima di inscatolarlo, l’industria italiana lo trasforma, aggiungendo semplicemente acqua e sale. Il packaging utilizzato spesso riporta la bandiera tricolore e usa nomi italiani. Ovviamente in questo modo chi lo acquista è convinto di mangiare pomodoro coltivato in Italia.
Questi prodotti passano solo dall’Italia, per poi essere esportati in tutta l’Europa, in Africa e in molti altri Paesi. La cosa vergognosa è che la bandiera e la reputazione di un bel Paese come l’Italia, capace di produrre la migliore qualità, vengano utilizzati per vendere agli stranieri un prodotto cinese scadente, complice una normativa permissiva
La piaga dominante sono i costi irrisori di produzione in Ghana, un Paese con un’economia in forte crescita e dove le abitudini alimentari stanno cambiando a causa della globalizzazione, lo stipendio di un lavoratore è di circa 100 euro al mese. Ma il vero problema è che il mercato libero ha stroncato la filiera locale e molti piccoli produttori hanno dovuto chiudere le proprie attività.
I lavoratori e gli agricoltori africani, che hanno perso tutto si sono spostati in Sud Italia dove, ironicamente, si sono ritrovati a raccogliere pomodori. Io sono stato a Foggia, dove circa 30mila migranti lavorano in campi troppo piccoli per essere lavorati in modo meccanico. Sono pagati 20 euro per 10-12 ore di lavoro sotto il sole cocente.
Per cambiare bisogno modificare le norme obbligando tutti i produttori a indicare sempre la provenienza degli alimenti sulle confezioni.
Come si può non mangiare pomodoro europeo in Europa e inginocchiarsi sull’altare del libero scambio sempre più strumentale che ha portato i piccoli produttori e in primis i contadini africani a morire sui barconi delle anime perse.
Il prodotto cinese costa meno perché i lavoratori cinesi sono trattati come schiavi, sottopagati e perché le norme ambientali sono meno restrittive. Il prodotto, quindi, è meno controllato e di qualità inferiore, ma passa le nostre frontiere in virtù del libero scambio e della globalizzazione. Si tratta, a tutti gli effetti, di una competizione impari e dannosa e io mi chiedo che senso abbia tutto ciò e per quanto potrà durare. Il capitalismo senza regole è follia pura.
Accanto al Rosso oro, finalmente è stato scoperto il segreto del pomodoro nero, il Sun Black ottenuto in Italia nel 2008 con tecniche di selezione tradizionali. Dopo una caccia durata dieci anni, a scoprire il gene che rende il pomodoro così scuro e ricco di sostanze antiossidanti è stato lo stesso gruppo di ricerca che lo aveva scoperto, quello del PlantLab. I nostri ricercatori sostengono che sarà “molto più semplice selezionare nuove varietà di pomodoro nero SunBlack poiché la conoscenza della sequenza di Dna consente di verificare l’avvenuto incrocio con un semplice test del Dna.
Finalmente qualcosa di concreto, tra l’altro si sostiene, che il target è cercare di ottenere varietà sempre più ricche di sostanze antiossidanti.
Di questo passo, anche se in tanti non ci credono, ma nella circostanza tutti auspicano che a breve disporremo di salsa ricavata da una spremuta di Pomonero. Forse il SumBlak, potrebbe ripulire le coscienze e le mani sporche di rosso marcio.