“ORFANI BIANCHI” Telex al Presidente Conte (Iniziativa Comune)

Giu 25, 2018 | Dalla Confeuro

A chi abita nel limbo delle incertezze. A chi vive l’insoddisfazione di una vita angusta, di un lavoro in cui non si riconosce. A chi ha perso la speranza di risalire la china e vede farsi sempre più profondo il solco tra sé e la propria vita. A chi è in cerca di una strada e sa che è giunto il momento di partire. “INIZIATIVA COMUNE” vuole raggiungere chi vive nella disperazione, perché per vivere o sopravvivere, ha perso i suoi cari sacrificati sull’altare dell’ingordigia, del profitto, solo perché era un semplice lavoratore. Lavorare al fuoco, al freddo, sotto la pioggia battente, abbandonare abitudini, rinunciare anche agli amici e disfarsi degli oggetti che appesantiscono lo zaino, delle attese e delle speranze innocenti, insomma niente di niente importante è il lavoro, i figli, la famiglia.
La moglie in ginocchio, “Signore ti lodo e ti ringrazio per la tua bontà. Insegnami a pensare guidami per il resto dei miei giorni, dammi la forza per andare avanti. Aiutami a sopportare e a reagire, non per me ma per i miei figli orfani di padre. Mio marito con sé teneva un biglietto “Ti offro, Signore, il mio lavoro quotidiano. Lo affronto serenamente con il tuo aiuto, per la tua gloria, come collaborazione alla tua opera creatrice e per il benessere della mia famiglia, non solo come una fatica che redime, ma come occasione per realizzare me stesso, per servire amando il mio prossimo e così incontrare Te, che vegli attivo sulle tue creature. Tu che hai fatto il falegname, puoi conoscere l’angoscia di chi non ha lavoro. Grazie perché Tu sei Provvidenza. Tu lo sai, Signore che anch’io ti adoro e ti affido la vita e la mia famiglia”.
I numeri sono impietosi. Dall’inizio dell’anno, la conta dei morti sul lavoro va oltre i 300, secondo i dati riferiti di recente in Parlamento dal ministro del Lavoro.
La realtà purtroppo ancora una volta chiama in causa la politica, perché sono passati circa dieci anni dall’approvazione del “Testo Unico di salute e sicurezza sul lavoro” ma per la totale attuazione mancano ancora diversi decreti (20) che pare siano ancora tutti da scrivere per poi andare alla firma. La delusione le lacrime gli occhi smarriti e la rabbia dei bambini orfani la giriamo al nuovo Governo, affinché la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro vengano inserite tra le priorità dell’agenda istituzionale».
Nell’anno 2017, i dipartiti sul lavoro statisticamente sono oltre i mille esattamente 1.115 in aumento rispetto all’anno precedente. La stampa grida allo scandalo, la triplice laconicamente si lamenta con i governi di destra e di sinistra che a turno hanno occupato palazzo Chigi, intanto di lavoro si muore.

Addirittura il ministro del lavoro e sviluppo, nella relazione alla camera dei deputati ha precisato: “purtroppo il dato reale potrebbe essere ancora più alto considerando i lavoratori non tutelati dall’Inail (Istituto nazionale per gli Infortuni sul lavoro) e le denunce di infortunio mortale non riconosciute come tali dall’Istituto che dovrebbe fare azioni di prevenzione”
Rieccoci, gridano i bambini orfani, si riparla di “sicurezza sul lavoro”! Un problema enorme del quale si fa cenno raramente e giammai si pensa di affrontare in maniera seria nel dibattito pubblico con la partecipazione dei lavoratori, in contraddittorio con chi dovrebbe rispettare la legge siano essi padroni privati o pubbliche strutture.
Invece accade di solito che opinionisti e media si limitano a fare grandi titoli e denunce in occasione degli incidenti più gravi, senza approfondire. Ciò che è stato fatto indirettamente sono palliativi, nessuna vera prevenzione, tutto si scarica sulla burocrazia. A fronte di cica 4 milioni e 500 mila imprese – ha detto il ministro – gli ispettori preposti ai controllo sono solo oltre 3 mila (si pensa di assumere altri mille).
La tragedia senza fine dei morti sul lavoro, mette a nudo l’inerzia o l’incapacità strumentale dei tanti che hanno gestito le istituzioni indossando i paraocchi per guardare a solo ai propri interessi.
Tanto a morire sono solo lavoratori e contadini. Purtroppo la morte è sempre puntuale è porta con se anche chi ha perso il lavoro e molti titolari di aziende che falliscono, perché proprio lo Stato non onora gli impegni.
Alcuni sostengo che il killer si chiama “silenzio”. Tutti zitti (istituzioni, media, partiti, sindacati, scuola, intellettuali, e soprattutto di chi della difesa dei diritti ne ha fatto una bandiera e spesso una professione…) come fosse un complotto o un colpo di Stato.
Il 1° maggio a Roma e giorni orsono a Milano oltre 1000 sagome bianche di cartone riciclato, su iniziativa di un sindacato, in memoria dei morti sul lavoro.
In parlamento il ministro: “Dobbiamo premiare le imprese che investono in sicurezza e dare un segnale a chi non rispetta le norme. È mia convinzione tutelare i lavoratori e non solo, occorre premiare le aziende virtuose e potenziando i controlli e riducendo la burocrazia”
Questa volta prendano in parola, ministro e governo!!
“Schiavi mai”. Basta odio provocato, di quanti si accontentano e si pavoneggiano dei “mi piace”. Tutto facile al di là di qualche risposta smucinata dai social, nessuno li può contraddire. I valori sono altri, e si percepiscono in mezzo alla gente. Si eviti e si chiarisca. non si alimenti il sospetto che “Qualcuno semini vento per provocare Tempeste”.
Alla lista dei morti ammazzati sul lavoro, bisogna aggiungere coloro per la mancanza del lavoro o comunque di qualche prospettiva economica decide di farla finita. Dal portale EURES – strumento della Commissione Europea, si legge che i suicidi sono in aumento anche tra gli “esodati” vale a dire coloro che vanno dai 45 al 65 anni.
Le testimonianze di giovani non ancora trentenni che decidono di buttare via la vita, sono pubblicate ovunque.
“Mario che si è ucciso a trent’anni perché stanco di fare il precario in “prestito” e di una vita fatta di “no” e di rifiuti : “Non posso passare il tempo a cercare di sopravvivere, sono stanco di mendicare, cosi sta passando la mia vita e solo perché cerco un lavoro” e accusa chi ha tradito la sua generazione cancellando ogni prospettiva. “Io precario appartengo ad una generazione perduta”.
“Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare”.
Una vita non si può spiegare, ma si può certamente aiutare o migliorare se si cammina insieme, toccando i tasti giusti senza essere troppo invadenti e precipitosi. Questa dei bimbi orfani e che hanno perso i genitori ” caduti sul lavoro ” bussa alla nostra coscienza. Decida chi Lei Presidente se, come da noi sostenuto, questa è una priorità o la solita segnalazione da cestinare. Resta il fatto che proprio la mancanza di sostegno sociale, oltre a creare un senso di isolamento, produce quotidianamente vite spezzate.

Gruppo di Cooperazione e di Proposte