AGRICOLTURA: NON SOLO BRACCIA

Ott 12, 2017 | Dalla Confeuro

Oggi come non mai, in un coacervo di interessi incrociati, dove ciò che conta è solo “carriera e profitto” l’agricoltura rimane l’unico bene al quale un po’ tutti attingiamo e che comunque, nel sistema globale resta centrale per ricchi e poveri.
Un paese come l’Italia dove il primario ha numeri di tutto rispetto, per preservarlo occorrono scelte giuste e misure adeguate.
È inopinabile, che le aziende agricole e agroalimentari costituiscono un’opportunità per il Paese e lo rendono uno dei principali produttori agroalimentari nel mondo. Di contro l’Unione Europea è il primo importatore netto di prodotti agricoli e supera perfino la Cina.
Purtroppo da noi si decanta l’Export e si dice poco dell’Import, si parla di start-up, ma alla conta le aziende agricole e gli agricoltori negli ultimi 7 anni sono dimezzati e gli addetti sono solo un quinto dei numeri dichiarati.
L’Italia deve risollevarsi, deve riconquistare il posto che le spetta e nel contempo deve porre maggiore attenzione ai suoi territori.
• Fermo il principio di implementare l’occupazione, non è più rinviabile il varo di un “piano agricolo nazionale” che, tra l’altro, deve facilitare alcuni fondamentali interventi:
L’accesso alla terra, al credito e ai mezzi di produzione;
• Valorizzare e rendere conveniente le attività agricole puntando a migliorare decisamente i redditi degli Agricoltori che, nelle sostanza, dipendono solo dagli aiuti comunitari;
• Occorrono misure politiche orientate allo sviluppo e alla crescita dei piccoli agricoltori e comunque dei contadini, mentre nei fatti chi dovrebbe, si muove per la loro definitiva scomparsa.
La ricerca sfrenata della competitività sta accelerando la scomparsa di interi settori produttivi, perché non saremo mai competitivi con quei paesi che non hanno le stesse regole sociali né la stessa preoccupazione di preservare l’ambiente e salvaguardare il territorio.
Stanno rincorrendo il monopolio economico di alcune strutture iper-produttive e iper-concentrate, per poi ridurre l’agricoltura ad un semplice passatempo.
Quel che rimane delle associazioni organizzate, devono agire per influenzare le politiche che saranno perseguite a tutti i livelli territoriali, per difendere un diverso orientamento e imporre misure concrete, altrimenti per gli agricoltori non c’è futuro.
Tutti abbiamo il dovere di salvare il Pianeta!
Questa è la deduzione e lo sfogo di tanti ragazzi, un po’ meno giovani, ma con loro portano la professionalità, frutto di anni di studio e di sacrifici. Sono i tecnici e i laureati del sapere che sperano e sognano e guardano lontano, scrutano il cielo, in cerca di un frammento da chiamare futuro.
Se il sapere è la chiave per entrare nel futuro, l’Italia resta sull’uscio della porta, rimane fuori. No, non stiamo esagerando. Perché se è vero che altrove – più o meno ovunque nel Pianeta – le nuove generazioni mordono il freno, facendo dello studio il mezzo per il successo, nello Stivale si tergiversa e si segna il passo.
Non per niente, siamo penultimi in Europa per il numero di laureati con un tasso di inoccupati indicibile, ci concediamo il lusso di ignorare i nostri talenti. È scritto nel Rapporto Almalaurea 2017, presentato di recente, che mette insieme le risposte di oltre 250mila laureati in circa 80 atenei italiani. I dati raccolti dovrebbero farci riflettere. Purtroppo solo in pochi ne hanno colto la gravità.
Farebbe sorridere, se non ci fosse da piangere, che negli ultimi anni il tasso di disoccupazione dei laureati sia addirittura aumentato di otto punti percentuali. E che l’Italia sia l’unico Paese tra i grandi d’Europa ad aver visto decrescere gli occupati in posti ad alta specializzazione.
Non solo braccia e nemmeno ROBOT programmati dalle multinazionali dei semi e degli anticrittogamici, macchine per alimentare i rivoli di euro, di soggetti che hanno come unico obbiettivo lo sfruttamento di uomini e terra.
Facciamo appello alla MENTE, impegniamo i nostri giovani diplomati e laureati e tecnici agricoli, si prenda atto che i guai dell’Italia vanno dalla pigrizia politica, dal conservatorismo, per non citare i vizi o altri motivi che nulla hanno a che vedere con la trasmissione del sapere.
È inaccettabile che nel 21° secolo non abbiamo tempo e voglia per comprendere insieme a loro cosa sono bravi a fare e cosa convenga a loro fare. O peggio ancora, perché non sono funzionali ai nostri desideri e quindi meglio ignorarli. Il prodotto del menefreghismo è sotto gli occhi di tutti: un futuro da badanti e camerieri, se ci va bene. Ma con la laurea in lettere.