BIOLOGICO: EVOLVERSI PER NON INVOLVERSI

Set 13, 2018 | Dalla Confeuro

Piuttosto che utilizzare rame e zolfo come se non lasciassero residui, meglio sarebbe – per il futuro delle coltivazioni biologiche – impiegare varietà resistenti, ottenute tramite tecniche innovative. E’ il concetto sostenuto da Luca Corelli Grappadelli, docente all’Università di Bologna, a seguito del nostro articolo sul caos nel settore mezzi tecnici biologici.
“Come docente di corsi di arboricoltura, frutticoltura e fisiologia degli alberi presso l’Università di Bologna – afferma Corelli Grappadelli – plaudo alle affermazioni di Paolo Carnemolla, che peraltro sono perfettamente in linea con il pensiero dell’Istituto Svizzero di Agricoltura Biologica, diretto da Urs Niggli, che afferma come, in contesto di frutticoltura biologica, sia preferibile la coltivazione di piante OGM (ad esempio meli ticchiolatura-resistenti) rispetto all’uso dei prodotti attuali a base di rame e zolfo”.
Il docente cita un lavoro pubblicato nel 2012 dall’Istituto Svizzero di Agricoltura Biologica. Un comitato autorevole che ha valutato nel complesso gli impatti sull’ambiente scaturenti dalle diverse scelte. Quello studio passò piuttosto in sordina, “forse perché andava, e va, controcorrente rispetto a certi dogmi e preconcetti” commenta il docente.
Lo studio svizzero ha messo a confronto due meleti gestiti uno con lotta integrata, mentre l’altro a conduzione biologica ma con piante geneticamente modificate. Nell’impianto bio con piante geneticamente modificate (GM), la caratteristica principale era la resistenza a ticchiolatura e a colpo di fuoco batterico. Grazie a tale resistenza, i trattamenti sono stati pochissimi e con principi attivi consentiti in regime biologico, mentre nella lotta integrata i passaggi sono stati numerosi. In sintesi, i meli GM hanno permesso una rimuneratività maggiore grazie a minori spese.
Lo studio riporta anche un altro concetto: la auto-resistenza delle piante non solo evita i trattamenti e quindi consente di ottenere frutta senza residui, ma permette di preservare gli insetti antagonisti, nonché la fauna selvatica. Ad esempio, l’uso massiccio di sostanze ammesse in bio come zolfo e rame risulta essere repellente (lo zolfo in particolare) nei confronti dei mammiferi. In altre parole, un frutteto GM sarebbe più rispettoso di uno biologico in senso stretto.
Riferendoci ad altri esempi, ma di cui si è ampiamente parlato, la tecnica del CRISPR-Cas 9 permette una manipolazione genetica mirata e non invasiva. L’acronimo CRISPR-Cas 9 sta per l’enzima prodotto dal gene Cas9 e i Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, le ripetizioni palindromiche di gruppi di Dna estraneo disposti a intervalli regolari.
“Cerchiamo di far confluire tutte le diverse agricolture – conclude Corelli Grappadelli – nel rispetto della verità scientifica e delle affermazioni rigorosamente supportate da evidenza sperimentale. Ne avremo tutti vantaggio”.

Fonte: FreshPlaza