Chissà se i nati a cavallo degli anni 60 e 70 hanno diritto di voto.
Si parliamo dei fortunati che hanno superato gli “anta”, senza lavoro, senza pensione, disoccupati senza indennità, di loro tra i tanti bonus e nella legge di bilancio nemmeno un rigo.
La generazione di mezzo, che l’Istat incasella nelle sue statistiche nella fascia 40-59 anni, è quella che se la passa peggio. In quest’area, non protetta da sgravi e incentivi ad hoc, si concentra il maggior numero di disoccupati italiani: 950 mila a 1 milione e centomila – dati recenti. Un esercito di anime alla ricerca di un lavoro e non lo trovano. E molti finiscono per mollare la presa, visto che in questa fascia non solo calano gli occupati ma aumentano anche gli inattivi, quelli che rinunciano pure a mandare curriculum e fare colloqui. Un numero significativo pari a circa un terzo del totale dei senza lavoro nel Belpaese.
E se c’è una domanda, c’è anche bisogno di una risposta!
Sono quelli che sono stati maledetti nella stagione dei tagli alla scuola pubblica. Poi hanno cominciato a circolare sigle come co.co.co e co.co.pro., successivamente è esplosa la crisi economica.
Una “generazione maledetta”, molto più dei Millennial. Per gli “anta” incentivi ad hoc non ne esistono. Tranne gli sgravi del Jobs Act, che erano destinati a tutte le età, per il resto le agevolazioni esistenti riguardano i giovanissimi, o i più anziani. I dati li snocciola il Sole 24 Ore. Il quotidiano economico riporta che: ad oggi esistono risorse per circa 6 miliardi, distribuite in 24 diverse misure pensate per gli under 35, di cui molte, in realtà, sono rimasti annunci. Da Garanzia Giovani al leasing per l’acquisto della prima casa. Poi il bonus “Resto al Sud” del decreto per il Mezzogiorno destinazione 18 – 35 anni.
Insomma quelli di mezzo sono tagliati fuori, sono nati dal Dio sbagliato niente incentivi, niente formazione, specializzazione, anche perché il vento soffia contro, le risorse sono destinate ai giovani.
Per tutti gli altri, salvi e pensionati che naturalmente muoiono di privazioni, di stenti, di fame:
C’è la Croce!
Eppure, di fronte alle disgrazie interveniamo tutti, tra l’altro la crescita maggiore della condizione di povertà nel triennio si è avuta proprio nelle famiglie con persona di riferimento che ha superato i 40 anni. Senza poter vedere neanche la luce in fondo al tunnel, visto che dalle simulazioni dell’Inps – tra una interruzione contributiva a l’altra – dovranno lavorare almeno fino a 80 anni, per sperare in una pensione di circa la metà di quella dei genitori.
Gente di questo mondo che si sente persa, ignorata, in preda alle difficoltà, allo sconforto e in situazioni complicate e dolorose.
È qui che cedere e lasciarsi prostrare non è un’opzione, reagire alle avversità, autoripararsi, resilienza, diventa la sola soluzione, accettare il dolore senza rimuoverlo, lasciarsi attraversare da esso e alla fine usarlo, non banalmente per resistere, ma per rigenerarsi. Perché tenere duro non basta, anche se ci sono momenti in cui non possiamo fare altro che tenere duro. Non si tratta di fare di necessità virtù, ma proprio di crescere attraverso la difficoltà e il dolore.
Per un “anta”, questa è la vera versione della resilienza, quella che trasforma l’azione da difensiva in offensiva, quella che ti spinge a crescere attraverso il dolore. Perché è proprio nei momenti di crisi che si devono nutrire sentimenti più forti, superiori slanci inventivi. Si chiama forza vitale, fa sempre e comunque tutta la differenza del mondo.