ELETTRICITÀ DALLE ONDE DEL MARE

Set 21, 2017 | Dalla Confeuro

In Italia si parla del mare per lodare gli scorci da sogno o denunciare l’inquinamento, ma l’acqua che circonda il nostro Paese custodisce anche una preziosa fonte di energia: le onde. Finora la tecnologia che sfrutta il mare per produrre elettricità è stata poco sfruttata. In realtà, secondo uno studio dell’Enea (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) il potenziale è enorme, soprattutto in Sardegna. Qui si stima che ogni metro di costa possa offrire 13 kW, un dato che colloca l’isola ai vertici in Europa. La capacità energetica del mare sardo è doppia rispetto a quella del Canale di Sicilia (7 kW/m) e tre volte superiore a quelle di Mar Ligure, Tirreno e Adriatico.
«Oggi in Europa la produzione di energia dalle onde soddisfa lo 0,02% della domanda complessiva» spiega Gianmaria Sannino, il ricercatore Enea responsabile della ricerca. «Ma se, come previsto, si arrivasse a coprire il 10% del fabbisogno energetico europeo con lo sfruttamento combinato delle maree, entro il 2050 sarebbe possibile sostituire 90 centrali a carbone, un terzo degli impianti oggi in funzione in Europa». E ridurre la dipendenza dai dannosi combustibili fossili. Al momento produrre 1 kW/h di energia dalle onde ha un costo stimato in 0,7 euro (ma parliamo di prototipi non in commercio). La road map della Commissione europea prevede che scenda a 0,2 euro nel 2025 e a 0,1 euro nel 2035. Per riuscirci bisogna investire in ricerca e tecnologia. Qualcosa si sta muovendo. L’energia dal mare è stata inserita nella Strategia Energetica Nazionale dal ministero dello Sviluppo economico e parallelamente il programma europeo per la ricerca Horizon 2020 sta finanziando i primi progetti orientati allo sviluppo di tecnologie blu. Enea e il Politecnico di Torino stanno lavorando allo sviluppo del progetto «Pewec», un sistema pensato per le coste dove le onde sono di piccola altezza ed elevata frequenza. L’obiettivo è produrre un dispositivo con una potenza di 200 kW, indicato per le nostre isole e i piccoli centri isolati. «Una decina di dispositivi – prosegue Sannino – potrebbero produrre energia per un paese di tremila abitanti, contribuendo anche a contrastare i fenomeni di erosione delle coste attraverso la riduzione dell’energia delle onde».
A differenze di vento e sole, i movimenti del mare sono costanti e quindi la maggior parte delle nostre località costiere risultano adatte. Anche l’impatto ambientale è modesto, perché i dispositivi vengono installati temporaneamente e sono rimovibili. Gli svantaggi? Paradossalmente, che le onde generano troppa energia e dunque mareggiate o moti ondosi forti possono creare danni ai dispositivi. Ma anche in questo campo c’è già chi sta studiando delle soluzioni. Alla fine del 2015 a Marina di Pisa la 40 South Energy ha ideato un impianto con moduli adagiati sul fondale marino (e quindi più protetti), capaci di sfruttare le onde anche a 10-12 metri di profondità. Il progetto vede la collaborazione di Enel Green Power e nasce dopo i test a Punta Righini (Livorno) e al largo dell’Isola d’Elba. A questi si aggiungono decine di spin off che arrivano da tutta Italia e coinvolgono, tra gli altri, il Politecnico di Milano. «Le idee non mancano – aggiunge Sannino – oggi il freno alla sperimentazione è costituito dalla burocrazia. Ottenere le autorizzazioni è complicato e questo scoraggia».
In Europa si sperimenta da anni. Uno dei primi impianti è gestito dalla Seabased AB sulla costa ovest della Svezia. E sempre dalla Svezia arriva il prototipo che promette di rivoluzionare il settore. Si chiama «WaveSpring» e alla vista appare come una gigantesca boa galleggiante con un diametro di 8 metri. Secondo le previsioni sarà in grado di fornire il fabbisogno per circa 200 abitazioni. In Scozia la tecnologia «Oyster wave power» sfrutta la potenza delle onde come una pompa per azionare una turbina. Dall’Australia arriva il sistema sommerso «Ceto» della Carnegie. Poi c’è «Minesto», un aquilone made in Svezia che opera a 15 metri di profondità. L’Irlanda (che in tema di onde è considerata l’Arabia Saudita del moto ondoso) ha affermato di voler sfruttare il mare come principale fonte di energia. Una rivoluzione che avrebbe ricadute anche sull’occupazione. Per l’associazione Ocean Energy Europe, investire nell’energia dal mare permetterebbe di creare in Europa entro il 2050 un mercato da oltre 50 miliardi l’anno, 450mila nuovi posti di lavoro e un taglio delle emissioni di CO2 di 270 milioni di tonnellate.

Fonte: La Stampa