IL CONSENSO

Ago 3, 2017 | NEWS

A sentire in giro si lamentano un po’ tutti del come vanno le cose. E in effetti l’Italia è sempre nelle mani dei soliti noti che adottano un turnover prestabilito scambiandosi di posto. «Oggi governo io e tu fai l’opposizione. Se ci tieni “sfogati” in Parlamento, interroga, sventola qualcosa, sbatti i pugni sugli scranni. Ma qui ci penso io e se ho bisogno ti chiamo. Qua la mano!». Questo, o giù di li, si racconta essere il dialogo fatto tra chi entra e chi se ne va mentre ci si scambia il “campanello”. Che lo stivale zoppichi è risaputo, e molti di noi – visto che al governo c’è il concetto dell’alternanza – hanno scelto di non votare.

Due amici stavano discutendo sotto l’asta a cui era legata una bandiera che sventolava.
“È il vento che fa muovere la bandiera”, dice uno dei due – “No! – ribatte il secondo – è la bandiera che si muove al vento”. Un anziano che passava da quelle parti, avendo sentito la diatriba, la interruppe dicendo: “Non è né la bandiera a muoversi e né il vento a causarne il movimento: è il tempo che scorrendo muove le cose”.

Prima di trarre conclusioni è importate sapere che nel secolo scorso fu emanato il DPR n.361 del 30 marzo 1957 – al cui art. 4 erano previste sanzioni per coloro che non andavano a votare. In fede è scritto: “L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessuno può sottrarsi senza venire meno ad un suo preciso dovere verso il Paese”. Nell’art. 15 si aggiunge che: «L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto deve dare giustificazione al Sindaco. La norma è stata abrogata nel 1993.

La sanzione non esiste più, tuttavia il dovere civico previsto dall’art. 48 della Costituzione rimane. Naturalmente ci si riferisce all’astensione di coloro che non votano “perché io protesto così” o perché “sono tutti uguali” oppure perché “tanto non cambia nulla“. Questa genialata del “non voto perché protesto” è stata già sperimentata in diverse occasioni. Un’astensione nell’astensione generale. A Nicosia, in provincia di Enna, è sorto il movimento del “non voto perché per loro non esisto”. Qualcuno al di fuori del vicinato immediato ne ha sentito parlare? No. E questo perché non esistevano prima ed esistono ancor meno da dopo.

Infatti il non voto è come se andasse ad appannaggio del primo partito. Il non voto è proprio quel che serve per far in modo che nulla cambi. E non solo: astenersi dal votare induce un vero e proprio sconforto in chi, invece, la speranza che qualcosa cambi l’ha mantenuta.
A dare ai non voto la falsa sensazione di fare un’azione di valore sono le dichiarazioni di circostanza dei politicanti incalliti a cui fanno eco i media, che distorcendo dati e notizie, incoraggiano l’astensione. Piuttosto che ricordare che gli astenuti non se li fila nessuno, a sentire loro tutta la classe politica sta li a fustigarsi e recitare atti di dolore. Sicché chi si è astenuto gonfia il petto tronfio di soddisfazione e l’idiozia diventa virale.

Molti dicono: “No, io non voto per quello che ruba meno. Non devono rubare e basta!”. A parole tutto si può, ma nella sostanza, disertare le urne, avvantaggia i pochi che votano e i tanti che rubano proprio favoriti dal meccanismo della diserzione. Non votare è una leggerezza da evitare, perché sono quasi trent’anni che il non voto favorisce disastri politici ed economici. Il diritto di voto è uno dei diritti sanciti dalla Costituzione, l’unica arma democratica che abbiamo; non usarla per il bene del Paese è come venir meno al proprio senso civico.

Il nostro, lo sappiamo, è un Paese che rischia di essere seppellito sotto i tanti problemi economici, la corruzione, la mafia e molto altro; e davvero in tutto questo il meglio che si può fare è quello di dire io non voto?