IL PARADOSSO DEL RIFIUTO DEI DISOCCUPATI, GLI UOMINI DICONO NO AI POSTI “FEMMINILI”
C’erano una volta i mestieri da uomo e i mestieri da donna: i primi erano lavori pesanti e logoranti, oppure collegati a una grande responsabilità, mentre i secondi richiedevano un maggiore coinvolgimento emotivo, oppure erano per posizioni subalterne agli alti livelli, sempre e irrevocabilmente occupati da uomini. Esistono ancora mestieri da uomo e mestieri da donna? Sulla carta, no: l’emancipazione femminile ha fatto passi da gigante negli ultimi cinquant’anni, con sempre più donne (anche se non abbastanza) che ora sono in ruoli dirigenziali. Ma, di fatto, nella concezione che comunemente abbiamo dei diversi mestieri, ciò che può essere un’occupazione per un uomo e ciò che può esserlo per una donna rimangono due categorie ancora ben separate. È quanto sostiene uno studio ripreso dal New York Times, che mostra come, anche se per alcuni mestieri quali l’infermiere, l’assistente domestico o il fisioterapista ci siano negli Stati Uniti molte più offerte che domande, i disoccupati sono portati a rifiutarli perché li considerano da donne. Non solo: sono le loro stesse compagne a scoraggiarli e a spingerli a cercare altrove. Perché un certo bagaglio di mascolinità (o di femminilità) è ancora considerato un prerequisito fondamentale per alcuni impieghi.
Meglio disoccupati? Se negli Stati Uniti, secondo il Bureau of Labor Statistics, i disoccupati ammontano a 20 milioni, com’è possibile che manchi oltre un milione di infermieri? Semplice: l’assistenza infermieristica è ancora considerato un mestiere femminile, e questo agli uomini non va giù. Meglio disoccupati, allora, che impegnati in un’occupazione da donne. “Che vuol dire per un uomo accettare un lavoro in genere associato a una donna? Che ne sarebbe del suo rapporto con gli amici, con se stesso e con la moglie rispetto al restare disoccupato?”, si chiede il sociologo Ofer Sharone dell’Università del Massachusetts, che ha osservato come molti uomini di mezza età alla ricerca di un lavoro tendono, una volta trovatone uno considerato femminile, a rinunciarvi. Spesso, con l’approvazione delle mogli o delle compagne. “Il lavoro è l’essenza di ciò che significa essere un uomo”, continua Sharone. Anche le donne, secondo il sociologo, hanno interiorizzato l’arcaica distinzione tra mestieri maschili e femminili e non approverebbero la scelta del marito o del compagno di cimentarsi in un lavoro considerato non adatto a un uomo. Gli uomini, dal canto loro, si potrebbero sentire sminuiti o derubati della loro mascolinità nell’accettare un’occupazione femminile. Per contrastare questa diffusa (ma errata) convinzione, negli Stati Uniti sono state avviate alcune campagne per promuovere l’iscrizione di uomini ai corsi per diventare infermieri: “Sei abbastanza uomo… per fare l’infermiere?” è lo slogan di una di queste.
Infermieri cercasi. Eppure, prendendo ad esempio proprio il lavoro di infermiere, secondo il New York Times è un’occupazione ben retribuita. C’è bisogno di una formazione universitaria? Solo per alcune qualifiche: negli Stati Uniti è possibile diventare infermiere anche solo dopo corsi di un anno o di qualche mese. La diffidenza da parte degli uomini, però, resiste: solo il 10% degli infermieri è un uomo. E i pazienti come la vedono? “Molte famiglie preferiscono le donne – dichiara Sherwin Sheik, presidente di CareLinx, un servizio che assegna un caregiver domiciliare alle famiglie che ne hanno bisogno –: è triste perché ci sono molti pazienti che potrebbero rimanere a casa più a lungo se ci fossero più uomini sul campo. Sono pazienti che hanno bisogno di assistenza per salire o scendere dal letto, o per fare la doccia: compiti fisicamente molto impegnativi”. La convinzione che le donne sappiano prendersi cura dei pazienti in modo migliore e il timore di subire abusi o molestie da parte di infermieri uomini: questi sono i motivi, secondo Sheik i giovani sono meno condizionati. Ma la situazione potrebbe cambiare: sì. Così la pensa Brent MacWilliams, presidente dell’Assembly for Men in Nursing, un’associazione che si occupa di migliorare la rappresentazione sociale dell’infermiere uomo. L’obiettivo di raggiungere un 20% di uomini tra gli infermieri entro il 2020 è ancora lontano, ammette, ma il numero di ragazzi che si iscrivono ai corsi di infermieristica sta aumentando. Il motivo? I più giovani avrebbero un’idea meno rigida e più fluida della mascolinità rispetto alle generazioni precedenti. Questo può permettere loro di non sentirsi meno uomini scegliendo un lavoro che da sempre è associato alle donne
Fonte: La Repubblica