LA BELLEZZA ITALIANA VARREBBE 240 MILIARDI DI EURO

Mag 18, 2017 | Dalla Confeuro

Quanto ne viene all’Italia, in termini di ritorno economico, del fatto di essere “bella”? La stima è ardua e la tematica sfuggevole per definizione, ma un tentativo di monetizzazione del Bel-Paese è arrivato da una ricerca della Fondazione Italia Patria della Bellezza, insieme alla società di ricerca e consulenza Prometeia, presentata in Assolombarda, col patrocinio del Ministero dei beni artistici e culturali.
I ricercatori sono partiti dalla considerazione che se per la Germania il differenziale caratterizzante dell’identità del Paese è espresso dalla qualità, per la Svizzera la precisione e per gli Usa il “sogno americano”, nel caso tricolore bisogna imporre nel mondo il concetto di “bellezza” come talento peculiare. Ecco allora i conti in tasca alla cosiddetta “Economia della bellezza”, cioè beni di consumo, tecnologie di ingegno, creatività e turismo: un mondo che vale 240 miliardi di euro, il 16,5% del Pil. Ma se le aziende italiane avessero le prestazioni dei miglior competitor europei la cifra potrebbe crescere, appunto, di 130 miliardi, il 25% del Pil.
I ricercatori sono partiti dall’isolare le variabili “che fanno della Bellezza una dimensione economica misurabile, identificando nello specifico i comparti produttivi che la sostanziano e il valore da questi generato”, spiegano in una nota. Beni di consumo di qualità; beni tecnologici di ingegno; industria creativa e turismo sono i protagonisti di questa nuova categoria del Pil. Di ogni settore sono stati estrapolati i dati relativi ai segmenti a maggior valore aggiunto.
Ne è emerso che il comparto dei beni di consumo di qualità, che include categorie come moda, alimentari e sistema casa, vale 44 miliardi di euro. Il settore dei beni tecnologici di ingegno (es. elettronica, meccanica, mezzi di trasporto) produce ricchezza per un valore pari a 32 miliardi. Si rivela notevole il contributo dell’industria creativa (es. design, editoria, musei spettacoli) con 61 miliardi. Infine, il comparto del turismo produce bellezza per 39 miliardi. Concorrono, inoltre, al calcolo del valore economico della bellezza due fattori influenti il cui potenziamento incide in modo rilevante sui comparti produttivi citati: investimenti pubblici, con una
quota stimata in 60 miliardi, insieme a “altruismo e mecenatismo” che, con le attività di volontariato e le donazioni, generano un valore pari a 3 miliardi.
I dati sono importanti, ma nelle pieghe del rapporto si legge anche una critica alla capacità tricolore di sfruttare questa Bellezza. Se si guarda infatti al valore aggiunto prodotto dai comparti analizzati, e lo si rapporta al Pil, emerge che l’Italia è al livello della Spagna ma guarda da dietro Regno Unito, Francia e Germania. Quest’ultima può farsi forte soprattutto della sua industria tecnologica e creativa, ma anche la voce degli investimenti pubblici dedicati è superiore. Quali sono allora i margini di crescita per l’Italia? Secondo lo studio, che ha immaginato che tutte le aziende italiane riescano ad allinearsi ai migliori standard europei, si trovano soprattutto nel settore dei beni tecnologici (che potrebbe crescere di 61 miliardi) e nell’industria creativa (fino a 42). Per questo, servono, tra le altre cose, più hub tecnologici e della conoscenza. “Un ruolo chiave nella crescita dell’Italia lo gioca, infine, il turismo. La valorizzazione delle bellezze nascoste del nostro Paese con lo sviluppo di percorsi turistici verso mete meno note; il rafforzamento del brand Paese attraverso lo storytelling; la definizione di eventi attrattivi in grado di valorizzare il patrimonio storico e naturale diffuso sul territorio sono alcuni degli elementi che consentirebbero all’Italia di aumentare il proprio fatturato di altri 20 miliardi”.

Fonte: La Repubblica