LA CITTÀ DEL SOLE

Set 29, 2017 | Dalla Confeuro

In quella terra c’era quasi tutto. Nella vita si cambia, però senza tradire le radici, l’origine, la voglia d’essere se stessi, senza egoismi, grazie alle contaminazioni che rafforzano, alle mescolanze che fanno crescere.
In quella terra che è di tutti, una fusione. Non una frontiera. La terra accomuna e abbraccia perché chiunque possa conoscere quel che succede, chiunque porta la sua croce e sa di essere fesso e contento perché con cielo, sole e mare si ha tutto e niente. Il sangue ribolle nelle vene, senza remore, fuori da conformismi di condanna o dal compassato lasciar vivere. La lotta era la normalità del vivere, insistere, sperare e cambiare.
Il desiderio era tanto, lo si viveva nel cuore, lo si leggeva negli occhi dei coetanei “figli di mamma”, disoccupati o male occupati da politici e faccendieri.
Quella voglia d’essere allegri, magari sognando un vero cambiamento. Il desiderio di lottare per vincere imperava, ciò che manca era ed è il riscontro, tanto nel Sud come nel Nord, a più d’una generazione. Forse erano troppi i limiti delle illusioni e a casa si tornava stanchi, morti di fatica, ma con la speranza sempre più grande.
In ogni istante risorge con un’unica possibilità. L’unica: quella di stravolgere il mondo, di cambiarlo e credere. Credere nella Rivoluzione della parola credere, con malinconie e dubbi, che l’uomo comune e l’intellettuale possano riscontrare sul destino, l’impegno, le finalità dell’esistenza. Molti amici non hanno vissuto abbastanza, troppo poco per ciò che hanno fatto, molto per ciò che non hanno mai avuto. Restano gli ideali, non l’ideologia, il resto è tutto cambiato, in senso opposto a ciò che anelavano.
Se fossero vissuti avrebbero coronato il sogno in un mondo popolato da una pseudo-umanità che non è riuscita a scrollarsi di dosso tutta l’impalcatura teorica della sopraffazione, dell’endemicità della tragedia bellica, della diseguaglianza strutturale eretta a sistema. Una pseudo-umanità emersa nell’indifferenza e nell’oblio del revisionismo, inteso come occultamento di ciò che è stato e di conseguente mancanza di visione per ciò che potrà essere.
Il XXI secolo rispetto al XX pare aver abbandonato la lezione riguardante la necessità di indicare un futuro diverso a quello costruito sull’identità del male che ci attraversa: il male della diseguaglianza, il male dell’abbandono dell’idea della storia, come percorso del riscatto sociale.
È sicuro che il cammino della storia non può evitare di segnare contraddizioni, rivolgimenti, arresti, è come un fiume che reca con sé detriti che ne deviano il corso.
Eppure è a quel fiume che dobbiamo affidarci: lo sbocco non sarà mai quello di un mare tranquillamente disteso nella serenità dell’oblio.
Sempre ci sarà la fatica della rincorsa e della ricerca: quella della visione di un’utopia da ricercare, di una “Città del Sole” da ritrovare nel nostro immaginario collettivo, quasi come se scoprissimouna ferita ancora eternamente aperta.