MASCHERE TRASPARENTI

Ott 27, 2017 | Dalla Confeuro

Per grandi titoli si legge di un piano dell’associazione nazionale dei Consorzi di Bonifica: “È necessario costruire un paese sicuro, un paese che possa dare alle aziende e alla popolazione una vivibilità accettabile.” Queste le parole del Presidente ANBI – su Agricolae.
“Dobbiamo farlo perché i cambiamenti climatici ci impongono una seria riflessione, sia su come vogliamo comportarci come cittadini e sia sulle opere da mettere in cantiere per ridurre i danni e le conseguenze di siccità e inondazioni. Per tali motivi abbiamo fatto un piano di oltre 8 miliardi per più di 3000 interventi sparsi su tutto il territorio nazionale, così da dare maggiore visibilità e sicurezza alle nostre terre.(…) serve però partire al più presto per alleviare quelle zone che già hanno sofferto i danni a causa dei cambiamenti climatici”.
Sullo stato di salute dei Consorzi di Bonifica, la cronaca negli ultimi vent’anni ha scritto di tutto e forse il contrario di tutto. Oltre al piano ambizioso ANBI, da diversi anni, opera nel Paese una cabina di regia – presso la presidenza del consiglio dei ministri, con una dote finanziaria ragguardevole (circa 4 miliardi).
#ITALIASICURA.
“Struttura di missione contro il dissesto Idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche”
“Struttura di missione per il coordinamento e l’impulso nell’attuazione degli interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica”
Certo le campagne vanno aiutate, con la prevenzione, con interventi a monte e in tempi non sospetti, anche con risorse pubbliche, ma limitate ai danni veri e possibilmente nell’immediato.
Mentre il Belpaese continua a sprofondare, frane, alluvioni e disastri vari si verificano quotidianamente, in termini di rassicurazioni sembra che l’Esecutivo stia dando il massimo – sulla carta ci sono 12 Miliardi.
È noto da tempo, conferma un report sul Climate Change, che le responsabili del 50% degli stravolgimenti climatici, sono circa 90 industrie. Molte sono di proprietà pubblica, alcune sono partecipate e altre private. Per decenni hanno inquinato e soprattutto, negato di farlo!!!
Calamità, incendi, fiumi e mari inquinati, mari intossicati, animali in via d’estinzione. Il cambiamento climatico è tutto questo e chi si ostina a negarlo – o a negare l’impatto dell’attività umana – è, con ogni probabilità, in malafede. Ma ormai è un dato di fatto: questo è un problema che si risolve solo con l’impegno di tutti i paesi del globo.
La Terra è un’unica navicella e se ci si salva, solo se tutti prendono coscienza e si assumono le responsabilità, diversamente siamo destinati ad implodere.
Ci preme riaffermare che la politica ha il compito di decidere le strategie, ma i costi per attuarli su chi dovranno ricadere? Sui Paesi che governano? Certo. Ma non solo: anche sulle industrie, almeno le principali responsabili del depauperamento su larga scala del pianeta.
È un aspetto che spesso rimane all’oscuro. L’inquinamento avviene, in molti casi, perché lo stile di vita della maggioranza della popolazione occidentale risulta, in ultima analisi, insostenibile per il pianeta. Per cui tutti, per una certa misura, ne siamo responsabili. Ma c’è chi inquina molto di più. E, a differenza della maggior parte della popolazione, lo fa contro le regole stesse decise dai governanti.
Siamo consapevoli che l’energia sia una risorsa necessaria ma di fronte alla consapevolezza dei rischi per l’ambiente, già chiara intorno agli anni ’80, le industrie estrattive – gas, petrolio – ed altre diavolerie hanno reagito scaricando ogni responsabilità. O nascondendo le prove (come, ad esempio, Exxon) o, peggio ancora, finanziando battaglie negazioniste.
Non vorremmo che si sottovalutassero le conseguenze di scelte avventate e ritornassimo a sfogliare la margherita: “il cambiamento climatico non c’è”. E poi, di fronte all’evidenza, il “cambiamento climatico è naturale”. E così, sono passati anni preziosi, per sviluppare politiche di contrasto, per contenere lo sfaldamento ancora in corso e, stando ai fatti, pare che tutto stia peggiorando.
Per mitigare l’impatto occorre che a risarcire i danni e, a pagare per i misfatti siano i colpevoli, nomi ben noti alle policy internazionali.
Di quel che resta del paradiso terrestre, chi governa ha il dovere con sollecitudine di risarcire le aziende agricole che stanno ancora patendo le pene dall’ingordigia, di chi sapeva ma non ha mosso un dito.