MILLE CONTADINI!…E UNA LEGGE?

Ott 5, 2017 | Dalla Confeuro

Dell’Agricoltura Contadina se ne parla da circa 20 anni quando un primo gruppo di piccole associazioni del mondo contadino e neo-rurale italiano, con una petizione ed una raccolta di firme da presentare in Parlamento, con l’intento di sensibilizzare le istituzioni in ordine all’esistenza di micro aziende condotte in economia dai proprietari che producono cibo eccellente e incastonato negli usi, costumi e tradizioni con tecniche di coltivazione ad impatto “zero”.
Nella petizione si chiedeva il riconoscimento dell’agricoltura contadina e una serie di norme che liberasse i contadini dalla burocrazia. La Campagna è nata, quindi, su un singolo obiettivo, non è un movimento contadino complessivo, è piuttosto una campagna popolare per una legge che riconosca i contadini.
Si può dire che la Campagna sia nata nella cultura neo-rurale, per questo ha fatto sempre fatica ad entrare nelle rappresentanze dell’agricoltura convenzionale, perché già solo parlare di dimensione contadina rappresentava e rappresenta un ostacolo per il modo di concepire l’architettura agricola – come una impresa sforna derrate – che da fastidio al sindacalismo rampante tutto proteso ad assecondare l’uomo o meglio il “capo al comando”.
Iniziamente la Campagna si concentrava sulle richieste delle piccole realtà contadine, le stesse che ancora oggi fanno fatica a mantenersi come tali a fronte di tutte le normative che sempre più tendono a strozzare la piccola dimensione a favore delle imprese. Questa è una situazione gravissima, soprattutto in una realtà come quella italiana che ha un territorio ricoperto per il 70% da colline e montagne, in cui queste micro realtà agricole cercano di sopravvivere al messaggio unico della competitività di mercato.
Nelle Linee Guida presentate nel 2013 sono stati definiti gli ambiti che sono la precondizione per formulare delle norme ad hoc e che noi vogliamo siano tutelati da una legge; poi spetta al legislatore di scrivere il testo. Non va dimenticato che nella definizione degli ambiti descriviamo una serie di caratteri che devono essere presi in considerazione nel loro insieme e non frammentati. Ad esempio, il criterio della piccola scala: appartengono ad aziende di piccola scala quelle aziende dove lavorano solo le persone diretto coltivatrici, con limitato apporto esterno. Naturalmente, se l’azienda possiede centinaia di ettari, di fatto diventa un’azienda di tipo salariale che non risponde più al modello contadino. Tuttavia, data la complessità italiana, si è optato di non fissare un limite all’estensione dell’azienda, perché potrebbe essere fuorviante. Quindi: mentre tutte le realtà contadine sono di piccola scala, non tutte le realtà di piccola scala sono contadine; nel senso che, per noi, la piccola scala è uno degli elementi, ma non l’unico. Nelle rivendicazioni della Campagna Popolare per l’Agricoltura Contadina, si parla del modello produttivo che si basa sull’agricoltura sostenibile, equivalente a quella biologica. Si Rivendica, inoltre, il tema della dignità del lavoro. Ad esempio, in molte aree italiane esistono micro aziende che producono attraverso una filiera monoculturale. Si tratta di micro aziende di un ettaro che però realizzano un’agricoltura intensiva, chimica, inquinante e che è segnata dallo sfruttamento del lavoro. Siamo stati chiari nel dire che queste aziende non hanno nulla a che fare con l’agricoltura contadina, perché non rispettano i criteri della sostenibilità ambientale e della dignità del lavoro. Quindi, anche se sono di piccola scala, non devono essere sostenute da una normativa per l’agricoltura contadina.
Occorre una legge che dica che all’albo delle aziende contadine possono iscriversi solo le aziende che rispondono a tutte queste caratteristiche insieme. Un norma chiara che non confonda strutture a titolarità familiare che sono a dimensione contadina perché operano in un modo conforme alle caratteristiche riportate nel testo, come segno distintivo delle agricolture contadine, mentre vi è una larga fetta che, pur avendo una forma giuridica a titolarità familiare, di fatto è semplicemente un ingranaggio dell’agroindustria.
Nella sostanza il concetto di riferimento è il biologico ma non si richiede obbligatoriamente, né si intende dire che chi si iscrive all’albo delle aziende contadine debba avere per forza la certificazione biologica. Abbiamo molto chiaro che all’interno del modello contadino si afferma la modalità produttiva di agricoltura sostenibile, che può significare biologica, biodinamica, permacultura, etc..
L’agricoltura contadina viene spesso identificata come espressione di agricolture residuali, che non producono per il mercato. Questo è il pia grande errore, che gli stessi addetti ai lavori fanno, non considerando che il contadino, coltiva, aria, acqua e sole perché presiede per tutti la natura e l’ambiente.