OGNI ANNO OLTRE LA METÀ DI FRUTTA E ORTAGGI SPRECATI NEL MONDO

Nov 9, 2018 | Dalla Confeuro

La Fao: “Ogni anno oltre la metà di frutta e ortaggi sprecati nel mondo”La Fao: “Ogni anno oltre la metà di frutta e ortaggi sprecati nel mondo”
Ogni anno più della metà della frutta e degli ortaggi prodotti a livello globale vengono persi o sprecati. Una fonte vitale di proteine, circa il 25% di tutta la carne prodotta, equivalente a 75 milioni di mucche, non viene consumata. A suonare il campanello d’allarme è la Fao che esorta i responsabili politici” a dare priorità alla riduzione della perdita e dello spreco alimentare come mezzo per migliorare l’accesso a cibo nutriente e sano”. Infatti, si rileva nel rapporto ‘Prevenire la perdita e lo spreco di nutrienti attraverso il sistema alimentare: azioni politiche per diete di alta qualità’, una morte su cinque è da associarsi a diete di scarsa qualità.
Il rapporto sottolinea che le diete di cattiva qualità rappresentano oggi per la salute pubblica una minaccia maggiore della malaria, della tubercolosi o del morbillo, mentre allo stesso tempo, circa un terzo di tutto il cibo prodotto per il consumo umano non raggiunge mai il piatto del consumatore. Il brief è stato preparato dal Global Panel on Agriculture and Food Systems for Nutrition in collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao).
Il rapporto fa notare che alimenti come frutta, verdura, semi, noci, latticini, carne e pesce sono ricchi di sostanze nutritive, ma sono anche altamente deperibili e quindi suscettibili di perdite in tutto il sistema alimentare. Per affrontare tutte le forme di malnutrizione e promuovere diete sane, rileva il membro del panel e Direttore Generale della Fao, José Graziano da Silva, “dobbiamo mettere in atto sistemi alimentari che aumentino la disponibilità, l’accessibilità e il consumo di alimenti freschi e ricchi di nutrienti per tutti. Adottando azioni specifiche per ridurre le perdite e gli sprechi di alimenti freschi e il cibo nutriente è una parte fondamentale di questo sforzo”. Il brief propone una serie di azioni politiche nell’intero sistema alimentare: educare le parti interessate; porre l’attenzione sui cibi deperibili; migliorare le infrastrutture pubbliche e private; incoraggiare l’innovazione; e colmare la mancanza di dati e le lacune di conoscenza sulle perdite e sui rifiuti alimentari.
Il membro del panel e Presidente della Public Health Foundation of India (PHFI), Srinath K. Reddy, ha accolto con soddisfazione le note informative ed ha affermato: “le azioni politiche del gruppo globale mostrano come la riduzione delle perdite e dello spreco alimentare possa svolgere un ruolo chiave nel miglioramento delle e diete povere e inadeguate di circa 3 miliardi di persone e sono spesso responsabili della persistente sotto-nutrizione, oltre che dell’aumento del sovrappeso e dell’obesità con il conseguente aumento delle malattie non trasmissibili”.
I dati della Fao indicano che nei paesi a basso reddito il cibo va per lo più perduto durante la raccolta, lo stoccaggio, la lavorazione e il trasporto, mentre nei paesi ad alto reddito il problema è uno spreco a livello di vendita al dettaglio e di consumo. Insieme, hanno un impatto diretto sul numero di calorie e nutrienti effettivamente disponibili per il consumo. La perdita e lo spreco di micronutrienti destano particolare preoccupazione dato l’impatto diretto sul benessere, la capacità di apprendimento e la produttività. A livello globale, l’agricoltura produce il 22% in più di vitamina A di quanto richiediamo. Tuttavia, dopo la perdita e gli sprechi, la quantità disponibile per il consumo umano è inferiore dell’11% di quella necessaria.
“Ridurre la perdita e lo spreco di alimenti nutrienti – sottolinea la Fao- potrebbe quindi produrre sostanziali benefici per la salute. Fornirebbe anche rendimenti economici, in quanto il valore del cibo perso o sprecato è stimato annualmente in 1 trilione di dollari. Mangiare maggiori quantità di cibo già prodotto eviterebbe anche lo spreco di acqua, terra ed energia che sono serviti per la loro produzione”.

Fonte: La Repubblica