Cosa mangeremo fra vent’anni? La dieta mediterranea esisterà ancora o, come molti sostengono, dovremo rassegnarci all’idea di ingerire cavallette e altri alimenti del tutto estranei alla nostra cultura?
Le previsioni di quanti saremo nel Pianeta nei prossimi 30 anni, segnano un tetto di circa 10 miliardi di esseri umani. C’è chi sostiene che molti faremo la fame, altri meno aggressivi sono convinti che c’è la faranno anche senza espandere le aree agricole globali, rispettando al contempo gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici e protezione della biodiversità.
Il grande errore che si è fatto negli ultimi tempi è pensare che la naturalità, ‘Agroecologia e il biologico”, si contrapponessero alla modernità. In realtà le due cose devono andare di pari passo.
«La soluzione è attuare un’agricoltura che rispetti i principi tradizionali, come le rotazioni nei campi, il rispetto della biodiversità, l’uso minimo della chimica e di fertilizzanti naturali, ma governata dalla tecnologia, inteso come sensori che registrano perfettamente i dati del terreno, satelliti che consentono di fare delle previsioni, i droni, le telecomunicazioni.
L’Agricoltore di oggi e del futuro deve avere il Tablet e accedere a tutti i dati possibili per decidere gli interventi cioè la condivisione delle informazioni. Più di qualcuno parla di retro innovazione perché è sì innovazione, ma che tiene conto dei valori del passato».
L’interrogativo viene dipanato da alcuni centri di ricerca d’oltralpe costruendo diversi scenari di possibile evoluzione degli usi delle terre le cui conseguenze sono state valutate in diverse regioni del mondo. I ricercatori sostengono che nel 2050, la sicurezza nutrizionale è degradata (sovrappeso, obesità, malattie legate all’alimentazione), le risorse naturali sono deteriorate e le disparità economiche e spaziali sono aumentate.
Per fare si che il nodo scorsoio non strangoli chi produce, vanno ripensati gli usi comuni, le nostre convinzioni politiche, finanziarie e scientifiche e mobilitare governi, imprese, produttori e consumatori, istituzioni internazionali e di ricerca per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Bisogna utilizzare sempre piu prodotti vegetali e leguminose, a scapito di zuccheri, grassi e prodotti animali (con variazioni a seconda delle regioni del mondo). Le pratiche agricole che riducono le emissioni di gas serra e basate su funzionalità agro-ecologiche devono essere ampiamente adottate, così come le politiche di sviluppo e di gestione che favoriscono l’intensificazione delle relazioni tra aree rurali e urbane. L’interdipendenza dei problemi da affrontare e l’impatto ambientale globale ci impongono di pensare a un mondo globale e a un progetto comune, ma le strategie e le politiche intersettoriali devono anche essere considerate a livello regionale, nazionale e territoriale per tenere conto delle specificità di questi livelli.
In tutto il mondo, facendo affidamento sulla loro diversità e specificità, i sistemi agricoli e alimentari devono diventare molto più intensivi in conoscenze mobilitate piuttosto che in risorse degradate. Questa prospettiva alimenta il dialogo indispensabile tra scienza e società per stimolare la condivisione della conoscenza e la costruzione di un futuro sostenibile per tutti.
Una crescita con la sostenibilità è possibile. Basta raddoppiare le fonti energetiche rinnovabili, potenziare le misure per l’efficienza energetica degli edifici, realizzare i nuovi target di riciclo dei rifiuti, predisporre un programma di rigenerazione urbana.
Questo li tema centrale che ha tenuto banco ad Ecomondo. la più importante manifestazione dedicata ai temi della tutela dell’ambiente e della salvaguardia del territorio. In contemporanea la 12° edizione di Key Energy con i settori strategici dell’efficienza energetica.
Gli Stati generali della green economy hanno visto la partecipazione al dibattito dei rappresentanti di tutte le forze politiche. Secondo alcuni istituti di ricerca, il sistema manifatturiero europeo potrebbe risparmiare, conseguendo gli obiettivi fissati al 2020, 640 miliardi di dollari di approvvigionamento di materia e solo in Italia la circular economy potrebbe creare fino a 540 mila posti di lavoro nei prossimi dieci anni.
L’impatto occupazionale è significativo, anche se la economy in Italia, ha più ombre che luci. Bene l’economia circolare, l’agricoltura biologica e l’eco-innovazione, mentre c’è ancora molto da fare per quanto riguarda il consumo del suolo, la tutela dell’ambiente.
Lo stesso Generale Costa ministro dell’ambiente che ha sostenuto che “investire in green economy significa fare economia circolare e l’economia circolare deve sostituire l’economia lineare perché le risorse non sono illimitate.
Sergio Costa ministro dell’Ambiente: è il generale che ha combattuto la Terra dei fuochi. L’attuazione del Piano Nazionale per l’Energia e il Clima è una scommessa che il Generale Costa, in quota 5S non può perdere.