TERRA NOSTRA… NON SI SVENDE…

Nov 8, 2018 | Dalla Confeuro

Stalle e abitazioni scoperchiate, viabilità interrotta per frane e smottamenti, alberi sradicati e serre distrutte, oltre agli allagamenti che si sono registrati un po’ ovunque.
Trombe d’aria, bombe d’acqua, raccolti perduti, serre distrutte, stalle scoperchiate e animali isolati. La mappa dei danni provocati dall’ondata di maltempo di questi giorni tocca tutte le zone della penisola, da Nord a Sud.
Violente raffiche di vento, nubifragi hanno messo in ginocchio l’agricoltura italiana. A farne le spese è tutto il territorio poco refrattario alle piogge che hanno messo a nudo il rischio idrogeologico della penisola, amplificato dai terreni secchi su cui si sono abbattuti violenti temporali.
Lo Stivale ha il tacco consumato, la punta scollata, il resto quasi disastrato, tutto è fermo a tratti si scorgono territori spettrali. Il Belpaese ristagna, anzi decresce. Dubbi, perplessità e incertezze si sono impadroniti del tessuto produttivo.
Non si tratta di in capriccio delle imprese che, pur potendo contare su una naturale forza e capacità di reazione, da mesi con il governo non c’è confronto. Ciò che spinge il pedale sul freno dell’Italia è la crisi di fiducia, il senso di incertezza, che crea un inevitabile attendismo anche di chi potrebbe investire e scommettere sulla forza della proprie strutture.
Dialogando con alcuni imprenditori, si avverte una sensazione ben precisa: l’Italia che produce, soprattutto quella più lontana dai riflettori, è stanca. Se li lasciamo da soli a urlare nel deserto, non faremo tanto un dispetto ideologico a loro, ma mineremo la parte più moderna, dinamica e produttiva dell’Italia.
L’idea di una terra ancora indissolubilmente legata alla forza delle braccia e alle bocche da sfamare, sembra come riportarci indietro di oltre mezzo secolo. Non è presunzione sostenere che alcune misure moderne, riflettono l’immagine dell’Italia antica, quella di zappa e vanga che ha vissuto una metamorfosi detta dal boom economico cominciato con il piano Marshall. Non si può dimenticare che nel cammino verso l’affermazione dei principi di equità, legalità e democrazia, in tanti hanno perso tutto perché sono incorsi nelle tagliole del mercato, non proprio lineare, visto che per le aste a ribasso, si dice tutto e si fa niente. Di tanto il dibattito politico è carente, anche se il Governo “verdegiallo”, con una fava ha preso due piccioni: terre e aratro in cambio di figli. Ripopolamento delle campagne e potenziamento della natalità!
Infatti nella legge di Bilancio è stato inserito un provvedimento volto a «favorire lo sviluppo socio-economico delle aree rurali e al tempo stesso «a sostenere la famiglia». Ma solo i nuclei familiari composti da genitori e ben tre figli. Nel dettaglio, l’idea è di affidare in concessione gratuita per 20 anni un appezzamento di terra (di quelle pubbliche o demaniali) alle famiglie disposte a fare il terzo figlio nei prossimi tre anni, con l’aggiunta di mutui a tasso zero fino a 200mila euro, per chi compra la prima casa vicino al nuovo terreno.
Il ministro delle Politiche agricole ha dichiarato:
“L’Italia è il Paese europeo con più giovani in agricoltura e allo stesso tempo quello dove si fanno meno figli. In questi mesi abbiamo lanciato la vendita di 7.700 ettari di terreni inutilizzati e contemporaneamente dato il via libera al contributo di 70 milioni di euro per i giovani che avviano un’attività in questo settore. Una risposta importante sotto il profilo economico per favorire il ricambio generazionale. Ma non ci siamo fermati e abbiamo avanzato anche questa proposta di dare terra gratis alle famiglie che fanno il terzo figlio. Un terreno che, bisogna precisare, può anche essere dato dalle famiglie interessate ad aziende agricole guidate da giovani.
In pratica la famiglia potrebbe decidere di non usufruire direttamente della terra ma entrare in società con una impresa di giovani e beneficiare del guadagno. Non è una iniziativa bucolica quindi, né un provvedimento di mussoliniana memoria come ha detto qualcuno. Per le famiglie può essere un modo per fare business. Pensate ad esempio a quanti agriturismi sono nati negli ultimi anni. Diamo risposte al comparto agricolo e a quello turistico.”
Pur apprezzando l’impegno del ministro Centinaio questa misura sembra riportarci al passato .Oggi le tecnologie la fanno da padrona, l’evoluzione della meccanizzazione ha completamente ribaltato i rapporti di forza di un tempo. Più che l’olio di gomito, oggi si parla di meccatronica, digitale, Internet, telematico, informatica avanzata e nanotecnologie.
Prendiamo atto che l’Italia investe e la UE taglia le risorse destinate all’agricoltura. Infatti la proposta di bilancio per il periodo 2021 – 2027 presentata dalla Commissione, prevede una dotazione complessiva pari all’1,08% del PIL della UE – contro una richiesta del Parlamento Europeo di portarla ad almeno l’1,3% – e una ulteriore riduzione, sia in termini assoluti che relativi, degli stanziamenti per la PAC che scendono al 28,5% della spesa complessiva a favore di maggiori stanziamenti per le cosiddette “nuove sfide” (ricerca e innovazione digitale, migranti, ambiente e clima, difesa comune).
“La riforma della PAC e la proposta di bilancio sono ancora lontani dall’essere approvati e dunque prevedere quale sarà l’impatto sui conti delle nostre imprese è molto difficile”, “Vero è che il peso della PAC sui bilanci delle aziende agricole è molto variabile, da quasi nullo per certe tipologie di aziende fino a molto consistente per altre, arrivando anche a al 40%.
Della PAC 2021 – 2017, non tutto è da ripensare in quanto nel testo proposto dalla Commissione Ue emerge la volontà di privilegiare le piccole imprese agricole rispetto alle grandi.
Noi aggiungiamo che le terre concedibili in uso gratuito per 20 anni, siano destinate anche ai piccoli produttori che coltivano a livello familiare le rispettive micro aziende.