UNA VITA DA PECORA: VIVERE DA SHAUN

Ago 21, 2019 | Dalla Confeuro

Gli animali si esprimono attraverso i propri versi e i personaggi umani, dal punto di vista degli animali, emettono solo grugniti e borbottii incomprensibili.
Forse sarà difficile darsene una spiegazione, ma ho sempre sognato di vivere un giorno da pecora, fuori dal gregge.
Conduco dal tempo della ragione una esistenza che condivido con le amiche di Shaun.
Un giorno di buon mattino, ho aperto gli occhi e il gregge era già lontano. Feci per scrutare l’orizzonte e vidi una nuvola, guardando con maggiore acume, le nuvole erano due. Non lontano dalla prima c’era un nuvolone dai colori indistini. Impossibilitato a gridare “sto arrivando” decisi di sveltire il passo per raggiungerli presto.
Intanto la nuvola dai colori indefiniti le vedevo più vicina, passo, dopo passo c’ero quasi.
Con somma sorpresa in uno al verde, sventolavano bandiere e palloncini gialli, mentre salivano forti gli incoraggiamenti, e poi applausi scroscianti. Incuriosito mi sono spinto fino a quasi sotto l’architettura, un pulpito tempestato di diamanti, col il fior fiore dell’acume della politica nostrana.
Come una fossa di leoni con la criniera che ad ogni sussulto, mostravano fieri.
L’oratore usa toni duri “I clandestini devono tenere presente che per loro la pacchia è strafinita, stra-finita, hanno mangiato alle spalle del prossimo troppo abbondantemente”.
Poi con rabbia: “la realtà è che l’Italia é popolata da ‘scansafatiche’, questi ‘terroni’ in fondo in fondo con la mafia ci stanno bene.”
Mentre il sole stava iniziando la sua discesa, sul pulpito si alternavano molti oratori, poi è la volta degli alleati di governo, tribuni di qualità brillante, allineati su di un astruso discorso.
Il leader, contro ogni protocollo, senza rassegnarsi a essere completamente pecora, ha cercato di sospendere il suo sentirsi leone e, come ogni essere umano, anela al compromesso.
In momenti più felici ha detto che «governare gli italiani non è impossibile, è inutile», dimostrando così di averli capiti perfettamente. Ma è italiano anche lui e infatti ne incarna al meglio il loro peggio. E viceversa.
Non governano ma non cadono: i due si reggono per contrapposizione come due carte appoggiate l’una sull’altra. E nella crisi continua dell’esecutivo hanno trovato il loro equilibrio politico.
Peccato che ci sono gli italiani da governare, se no sarebbe un capolavoro. Meglio: a chiederci come è possibile che la crisi ancora non ci sia, visto come se le danno i due vicepremier tra un incontro chiarificatore e l’altro, e visto che non c’è una delle partite decisive in atto – dal decreto sicurezza alla Tav, dalla riforma della giustizia all’autonomia – che non risulti radicalmente divisiva per Lega e Cinque Stelle.
Una commedia dell’assurdo – la coabitazione in regime di guerra – che si sussegue per singoli atti con colpi di scena continui ma senza mai un vero epilogo.
Come una soap sudamericana che tiene sul filo lo spettatore fino alla prossima puntata e alla prossima crisi di nervi.
Guardando le criniera schiarate, al solo il pensiero che Trump come Mussolini si e quasi accreditato lo slogan “meglio un giorno da leoni che cento anni da pecora”, è la prova provata che i contemporanei non conoscono la storia, lo slogan non è di loro conio, perché la frase fu scritta su un muro a Fagarè della Battaglia, una frazione a poco più di un centinaio di metri dal Piave dove si svolsero aspri combattimenti. Quella frase si può ancora vedere sullo spezzone del muro originario conservato nel grande sacrario ai caduti della Prima guerra mondiale. Questo è il là che mi spinge a tentare di spiegarmi cosa sta succedendo dopo che le chiavi di lettura – politiche, sociali, culturali, scientifiche – appaiono superate o desuete.
Le antiche strutture democratiche rappresentate dai partiti si sono trasformate in troni di spade al cui apice c’è uno solo, arrivato lì non con le procedure di selezione dal basso ma con meccanismi cooptativi esercitati dall’esterno o con cavalcate mediatiche che somigliano piuttosto all’ascesa rivoluzionaria di “Masaniello” o con la costruzione di partiti personali pagati pezzo pezzo, stile prima FI.
Oggi il Monarca fa tutto da sé, consapevole del fatto d’essere l’unica ragione che tiene insieme la fazione politica.
E così accade che le sue paturnie, i suoi sbalzi di umore, i suoi capricci diventano automaticamente un fatto politico, un fatto normativo, un evento che modifica la realtà del Paese.
Nella sostanza il Paese va dove ci porta il cipiglio del capintesta, le cui parole, però stanno dando vita ad una mala educazione.
Come non inviare la vita di una piccola fattoria nel placido prato di montagna, vivacizzata dalla determinazione della pecora Shaun, che coinvolge le altre pecore e gli animali da cortile sempre in nuove avventure, con la frustrazione e talvolta la complicità del cane da pastore, che dovrebbe mantenere l’ordine e invece spesso si fa coinvolgere dalle idee di Shaun.
Fra gli altri personaggi ricorrenti vi sono: i cattivi maiali che cercano di intromettersi negli eventi allo scopo di guadagnare qualcosa di cui ingozzarsi, ma anche di disturbare la vita della fattoria e poi le papere, il gallo, il gatto e una famigliola di galline extraterrestri.
Prima dell’ovazione finale dei popoli leoni in giallo e quelli in verde, mi sono ricordato che mettendo insieme il giallo e il rosso danno l’arancio, colore di buddisti e liste civiche locali, e dal blu e dal giallo esce il verde, per gli ambientalisti e i leghisti.
Mescolando il giallo col verde, o il verde con il giallo, non essendo colori primari, mischia e rimischia, gira e rigira non danno un altro colore.

Shaun mi sgriderà?