DISSE IL VENTO: LA DEMOCRAZIA NON È FACOLTATIVA

Ago 21, 2019 | Dalla Confeuro

LETTERA APERTA

AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLUCA
Dott. Sergio Mattarella.

Disse la verità alla faziosità:

“Io sono il sole e tu sei il fulmine. Io illumino e tu abbagli. Io sono l’ora e tu sei l’attimo, per quanto tu possa anticiparmi. Io ti raggiungerò sempre. Anche il forte vento del nord, decise di sfidare il sole. “Sono più forte di te!” disse il vento al Sole. “Niente affatto” rispose l’altro. E così, decisero di sfidarsi in una prova di forza. Dopo una cruenta battaglia il vento dei ghiacci, soccombe all’inandescenza del Sole.”

On. Sig. Presidente Mattarella,

è inconfutabile che nel Paese serpeggia una grave crisi di “legalità”, non c’è chi non veda l’urgenza di un grande recupero della moralità personale e sociale, l’Italia non può svendere la sua Dignità.

La legalità è un’esigenza inderogabile per promuovere il pieno sviluppo delle persone umane e la costruzione del “bene comune”. La legalità è insieme rispetto e pratica delle leggi.

Per vivere nella legalità è necessario che tutti i cittadini abbiano cognizione che la democrazia è fatta di leggi che rispettano tutti, anche chi le propone e le fa approvare.

Solo cosi le impronte dell’onestà non si cancellano.

Il lavoro non solo strumento di sussistenza, ma elemento ed “alimento” che innalza e cristallizza la dignità umana. L’incubo dei meno giovani diventa terrore, perché la parte peggiore del lavoro è ciò che ci capita quando si smette di lavorare!

Chiediamo e diciamo “basta” alle politiche unilaterali, perché il prezzo lo pagano i Cittadini.

On. Presidente, intervenga per fermare la politica che cancella l’uomo.

L’innovazione ha un senso se coinvolge nella crescita tutto il contesto socio-economico del Paese reale.

Il popolo Italiano ha radici profonde, sempre più profonde per un albero dai tanti frutti. Ogni frutto concorre a migliorare l’essenza di ogni essere umano. Non soggetti da tenere nei recinti, ma cittadini liberi di organizzarsi per migliorare le condizioni sociali.

Dignità non è eseguire al comando, né il “comandamento” dell’obbedienza. Dignità fa rima con libertà – diritti – partecipazione, conoscenza rettitudine, reciproco rispetto, pluralismo, dissenso, scelte e opportunità di esprimere opinioni proprie e quindi un comportamento che trova riscontro nelle regole basilare di qualsiasi democrazia.

Tante radici sempre più numerose e profonde fanno un albero robusto uno, più di uno, centomila alberi nella foresta luminosa, per riportare in chiaro il buio che nasconde ai “tanti” le cose che vedono i “pochi”.

Alberi alti e robusti che formano una foresta abbagliante per illuminare le menti dei ricchi e dei poveri, dei deboli e dei potenti, di chi governa e di chi deve subire le scelte.

Una luce accecante per riportare nella realtà gli auto-referenziati al potere, rimarcando che la “festa” dura una sola legislatura, senza alcuna ricandidatura.

Siamo in paziente attesa che un giorno non molto lontano, le logiche di fredda spartizione dei pani si trasformino in presa di coscienza che il mondo sta cambiando e che il cambiamento non è per uno, né per più di uno ma riguarda tutti gli italiani e tutto il genere umano.

Nell’ologramma del web nulla funziona in isolamento. La linearità sta lasciando il posto ai sistemi che sono pensati per interagire con altri simili per poi tradurre il tutto in un’equazione complessa che interseca più linee, che oggi sono ancora parallele.

Insomma, anche se la costatazione è agghiacciante, la differenza resta nelle facoltà dell’uomo. Se così non fosse, non ci sarebbe l’intelligenza.

Egregio Presidente, Dottor Sergio Mattarella, è da molto tempo che desidero esternarle il mio sentimento di disagio che provo vivendo nella nostra amata Italia. Centinaia sono le motivazioni che mi costringono, miste a rabbia, rammarico, tristezza e dispiacere ad annunciarle che in nessun modo intendo continuare ad essere complice dello sfascio del Paese. Restituisco i miei documenti. Cancellatemi dagli elenchi, cancellatemi dall’anagrafe, cancellatemi dalla memoria dello Stato.

Voglio restituire la mia carta d’identità. Voglio diventare apolide, in un mondo capace solamente di infangare il tricolore. Sì, Signor Presidente, mi dimetto. Lo faccio anch’io per una volta, non mi sento e non voglio più essere italiano.

Questa è la scelta più sofferta e dolorosa che io abbia mai dovuto compiere. Sono nato e cresciuto qui, tra queste Alpi, tra questi fiumi, tra questi mari, dentro a questo sole e immerso nel sentire ed ardire che bagna il tricolore.

Amo il mio paese e mi sono sempre sentito orgoglioso di essere italiano.