Spesso leggiamo volentieri ciò che dovrebbe fare la politica, sempre più impegnata a gestire l’esistenza, senza un piano, un programma, insomma qualcosa che ci aiuti e che potrebbe verificarsi un po’ al di là dell’immediato. Come dire … delle generazioni future, ma che “ce ‘mporta”!
Luigi Mariani, docente di Storia dell’agricoltura all’Università di Milano e co-direttore del Museo Lombardo di Storia della Agricoltura, guarda al futuro e una delle sue preoccupazioni è legata alle fake news e al danno che potrebbero arrecare al settore primario.
“Oggi si è diffusa l’idea che la zootecnia abbia un impatto insostenibile sull’ambiente, per colpa di CO2, protossido d’azoto, metano, ammoniaca, nitrati e altro e che debba pertanto essere pesantemente limitata – poi – Il principale responsabile di tale errata convinzione è stato il report della Fao del 2006, dal titolo accusatorio Livestock’s long shadow, l’ombra lunga della zootecnia, in cui si scrisse una cosa sbagliata e cioè che la zootecnia emettesse molti più gas serra dei trasporti.
In realtà i trasporti pesano per il 14% e la zootecnia per il 5% sulle emissioni antropiche totali. Le affermazioni contenute nel report vennero poi corrette, ma quando ormai avevano già contagiato l’opinione pubblica”.
Partendo da un excursus sul lavoro in agricoltura Luigi Mariani ha toccato anche il tema del futuro. “Nel 2050 avremo una popolazione di 9,8 miliardi sul pianeta, una popolazione sempre più anziana e città sempre più grandi e voraci di terra fertile”.
Alla domanda: come sarà l’agricoltura nel 2050?
“Assisteremo ad enormi progressi nei settori della genetica vegetale e animale e delle tecniche colturali. Allo stesso tempo, registreremo un’efficienza sempre maggiore: se oggi nutriamo 7,5 miliardi di abitanti con 1,5 miliardi di ettari di arativi, cioè con 0,2 ettari per abitante, nel 2050 avremo 10 miliardi di abitanti che si alimenteranno, se va bene, sempre su 1,5 miliardi di ettari.
La quota di terreno sufficiente pro-capite scenderà dunque a 0,15 ettari. Avremo a che fare con logistiche sempre più complesse per rifornire le città e le filiere in cui la produzione agricola sarà valorizzata anche in termini economici solo se integrata in modo sempre più stretto con il resto della filiera. Ci saranno enormi opportunità per i prodotti certificati e tracciabili, la professionalità in agricoltura sarà sempre maggiore e moltissima inventiva per nuove forme di coltivazioni, come le alghe, le colture protette, le colture idroponiche”.
E la robotica e la meccanizzazione?
“Il futuro è già presente. Vediamo applicazioni di alta innovazione: pensate alle stalle e a tutti i processi automatizzati. O all’agricoltura di precisione, per quanto ancora poco diffusa, almeno in Italia”.
Continuando – “il futuro passa anche dall’agricoltura urbana. Stiamo andando verso enormi megalopoli. Oggi sono 47 le città nel mondo con oltre 10 milioni di abitanti, nel Dopoguerra erano soltanto due. Pensiamo a Lagos, che ha circa 18 milioni di abitanti. In quei casi ci troviamo di fronte ad acque inquinate, a problemi diffusi di inquinamento di tutti i tipi: come si fa a fare agricoltura in zone urbane simili? La ruralità, è innegabile, ha ancora un suo valore (…)
“L’agricoltura urbana avrà futuro, ma meramente su un piano simbolico, per far capire alle persone il ruolo dell’agricoltura: produrre cibi, assorbire la CO2.(……)
La verità è che l’agricoltura è quella che fa fotosintesi, sottovalutare tale aspetto non è corretto”.
Poi sulla meccanizzazione?: “noi abbiamo bisogno di fare innovazione…rifarla in modo rapido. Se la fai come singolo agricoltore, sei costretto ad acquistare macchine che non riesci a giustificare sia per l’uso che ne fai che per gli oneri che devi sostenere. A questo punto, una strada sensata è quella di cercare di fare innovazione attraverso chi professionalmente fa questa attività. Io oggi vedo il contoterzismo come uno strumento di innovazione”. (FONTE: AGRONOTIZIE)
Una lezione interessante e per certi versi imperdibile. E se avessimo potuto fare anche noi una domanda?
In tutto questo futuro, l’agricoltore dove lo mettiamo? Atteso che le politiche futuristiche sono mirate all’evoluzione tecnologica e nemmeno la politica parla di noi?
I più fiduciosi sono convinti che prima o poi, si troverà il posto anche per il vecchietto, mentre i giovani hanno imparato già la lezione! Se ne vanno.