AGRICOLTURA: NON SOLO CAPORALATO

Giu 28, 2018 | Dalla Confeuro

Sono i lavoratori più facili da sfruttare: precari, quasi nomadi, si muovono per l’Europa con una periodicità scandita dalle stagioni di raccolta dei pomodori, delle fragole, dell’uva. Sottopagati, privi di garanzie, senza di loro molti prodotti non arriverebbero nelle nostre tavole, ma nei 28 Paesi Ue si fa fatica persino a rintracciare tra le norme in vigore la definizione di “sfruttamento del lavoro” o di lavoro nero. Eppure, anche nei campi qualcosa si sta muovendo: il Milan Center for Food Law and Policy, il Centro di documentazione sulle politiche in materia di nutrizione presieduto da Livia Pomodoro sta per pubblicare il primo rapporto sulle “buone pratiche”, che vanno dalle iniziative legislative a quelle dei sindacati, delle ong e della grande distribuzione organizzata.
I numeri. Ogni anno, circa 4 milioni di persone si muovono all’interno dell’Unione Europea per il lavoro agricolo stagionale. Altri 100.000 arrivano invece dai Paesi extra-Ue. Sono una quota consistente degli oltre 22 milioni di lavoratori impegnati nei campi ogni anno. Nella Ue operano 10.838290 aziende agricole, concentrate per il 71% in cinque Stati: Romania, Polonia, Italia, Spagna e Grecia. L’agricoltura, in Europa, produce un valore superiore ai 400 miliardi di euro. Tra i Paesi con il più altro valore prodotto, la Francia è prima (circa 70 miliardi), seguita dall’Italia la seconda (oltre 50 miliardi).
La legislazione. L’Italia e il Regno Unito sono gli unici due Paesi dell’Unione Europea ad aver approvato una normativa che riguarda direttamente gli abusi legati all’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. La prima è la legge britannica, approvata nel 2005; quella italiana è arrivata nel 2016. In Italia il processo è appena partito, ma ha già permesso l’avvio di diverse iniziative: la Coop ha avviato la campagna Buoni e Giusti, che ha coinvolto tutti gli 832 fornitori di ortofrutta del gruppo imponendo codici di condotta rigorosi che promuovono il rispetto dei diritti dei lavoratori agroli; l’azienda calabrese Campoverde Agricola, che opera nella piana del Sibari, ha avviato una attenta politica di assunzioni, portata avanti con la collaborazione dei sindacati e delle istituzioni locali; la FinAgricola, in Campania, ha avviato una politica integrata di sostenibilità; in Lombardia la Francescon Op Soc.Agr. ha migliorato le proprie politiche di assunzione e accoglienza dei lavoratori stranieri (ne ha molti provenienti dall’Africa). La Caritas italiana ha promosso il Progetto Presidio, che offre un supporto costante alle vittime di sfruttamento lavorativo, attraverso veri e propri presidi sul territorio, soprattutto nel Mezzogiorno. E poi ci sono le iniziative importanti della Rete del lavoro agricolo di qualità, rete promossa dal governo nel 2014; il camper dei diritti della Flai-Cgil, che gira i campi nel periodo della raccolta, il progetto Trentino Frutticolo Sostenibile, che coinvolge produttori e sindacati.
L’Italia aderisce anche a molti protocolli con altri Paesi, tra i quali la Romania, il Belgio, la Bulgaria, Danimarca, Regno Unito e Irlanda. Molte anche le iniziative degli altri Paesi: a parte l’eccellenza britannica, dove le iniziative in oltre 10 anni si sono sviluppate sotto l’ombrello di una legislatura efficace.