“BRIGANTI DEMOCRATICI” (A.M.I.Co.)

Mar 26, 2019 | Dalla Confeuro

Un tempo non molto lontano i Lucani erano un popolo battagliero, non si piegavano, lottavano
per un ideale e per esso si battevano, anche a scapito della vita. Erano onesti “Briganti”. Molti, anche dopo tanto, sono rimasti “Briganti democratici”. Solo una perplessità “quale ginnastica per saltare tra poli opposti?”

Intanto il Ministro degli interni esulta. “Abbiamo triplicato i voti in un anno, la Basilicata è la settima Regione conquistata dopo Molise, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Abruzzo e Sardegna. (“7 a 0, saluti alla sinistra”, ha scritto su Twitter). Il socio di governo Luigi Di Maio si auto incensa, anche se in un anno i Pentastellati sono oltre che dimezzati.
Il vincitore Gen. Bardi: “I lucani oggi hanno risposto presente. La Basilicata è pronta per il cambiamento. Al primo posto nella mia agenda ci sarà il lavoro. Gli sconfitti, precisano all’agenzia Ansa, che il centro sinistra, relativamente alle politiche del 2018, fa un balzo in avanti di 7 punti percentuali”.

E così, quasi senza accorgersene, in un’eterna campagna elettorale l’Italia sta completando la “metamorfosi” che raggiungerà l’apice nella notte tra il 26 e il 27 di maggio. Nel frattempo i votanti completeranno la mutazione in bradipi consenzienti ai voleri del “capitano”. Al di qua delle Alpi, se così non fosse, non si spiegherebbero 67 Esecutivi in 68 anni di Repubblica. Intanto i fedeli certi della vittoria, stanno già prenotando spicchi di solleone.

Nel frattempo, il Palazzo è stato rivoltato. Niente di strano, basta dare un occhiata agli esempi del passato. A quando Fanfani, la cui leadership nella Dc era talmente indiscussa da trasformarsi in indiscutibile, crebbe così tanto da diventare detentore di un triplo incarico: segretario del partito, presidente del Consiglio, ministro degli Esteri. Toccò l’apogeo e solo pochi mesi dopo fu defenestrato.

In quel periodo erano in voga termini come un consesso di “nani e ballerine”. Oggi è mutato lo scenario complessivo, si sta disegnando un nuovo campo da gioco. Il “cambiamento” è diventato il messaggio per calamitare e affascinare continuamente l’opinione pubblica. Vince chi è più decisionista, e si mostra uomo forte con un tasso di mutevolezza di opinione fino a punte di vera e propria contraddittorietà. Nessuna colpa il capo non sbaglia mai.

La costituzione, per tutto questo, all’art.49 prevede la formazione di partiti. Oggi di partiti nemmeno l’ombra. Quelli storici li ha sbriciolati la stagione del maggioritario; quelli che sono venuti dopo, si sono uniti dal clic sulla tastiera del computer e organizzati secondo gli algoritmi dei sacerdoti della Rete. Manca la gente, manca la partecipazione, mancano le strutture e le articolazioni sul territorio.

Nessuna profezia, dovrebbero ritornare i tempi dei miracoli, in attesa ci abbuffano con il “digitale” che, sulla carta, dovrebbe esser il nemico numero uno della retorica, invece la riportata al centro, rivestendo il suo corpo antico con abiti moderni.

Un digitale che potrebbe essere un pericolo alla luce di un sempre più diffuso fondamentalismo tecnologico: il credere cioè che la tecnologia sia la fonte di tutto – delle opportunità e delle minacce – e che le stesse minacce, a loro volta, possano essere neutralizzate dalla stessa evoluzione tecnologica.

“Se la vera politica è per gli uomini il terreno di scontro più duro e più spietato, nella fattispecie, o manca la politica oppure non c’è più l’uomo?”