Nonostante le difficoltà legate a una globalizzazione non governata, l’agricoltura ha registrato negli ultimi anni una crescita che si attesta tra + 0,6 e + 0,8 per cento in termini di produzione lorda vendibile e un aumento di occupazione. A questa crescita che riporta l’Istat, non corrisponde però un aumento di reddito delle nostre aziende. Anzi, si assiste a un calo a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti e i costi di produzione.
C’è chi lavora per la grande distribuzione, che detiene la leadership del commercio e impone tempi, modi e standard di produzione. Nella stragrande maggioranza dei casi, le remunerazioni in questo settore sono ai limiti della schiavitù, anche se il prezzo dei prodotti sugli scaffali finisce per moltiplicarsi per dieci, talvolta anche quindici volte.
Dal grano al pane, per effetto delle speculazioni e delle importazioni selvagge, il prezzo aumenta di quindici volte e gli agricoltori devono vendere 6 kg di grano per potersi pagare un caffè o una bottiglietta di acqua al bar.
Tutto questo non è possibile. È necessario ed urgente che gli agricoltori si riapproprino della filiera, in modo che siano riconosciuti i prezzi giusti dei prodotti agricoli e valorizzato il made in Italy, con la qualità delle sue produzioni, così da garantire valore aggiunto alle nostre aziende e qualità e sicurezza alimentare ai consumatori.
Dobbiamo costruire un patto con i consumatori, affinché attraverso la trasparenza si riesca a valorizzare le produzioni e far sì che queste siano pagate di più. Produrre qualità e dare correttamente diritti alle donne e agli uomini che lavorano in questo settore ha un costo. Inoltre, si deve garantire un giusto reddito ai nostri coltivatori.
Tutelare il reddito degli agricoltori e degli allevatori deve essere quindi il primo obiettivo da perseguire innanzitutto in Europa, sedendo al tavolo delle decisioni insieme agi altri protagonisti.
Un’Unione Europea attenta al suo popolo ha il dovere morale e politico di lanciare una conferenza agricola con il preciso compito di esplicitare cosa intende fare del settore agricolo europeo nel suo complesso. Le elemosine della Pac non interessano più gli agricoltori, saranno rifiutate. Una parte consistente dei piccoli agricoltori, che dopo tutto sono la stragrande maggioranza delle aziende, hanno già detto no grazie. Oltretutto, l’elemosina che viene data dalla mano destra gli viene ripresa con quella sinistra per via dei costi che l’agricoltore deve sostenere, da quelli burocratici a quelli aziendali per finire con gli oneri che assume con la stessa domanda per i contributi Pac.
Mauro Aldinucci – Confeuro Arezzo