DEMOCRAZIA A MEZZ’ASTA (Iniziativa Comune)

Ott 15, 2018 | Dalla Confeuro

“Viaggio senza ritorno….
“Libertà, è un pane duro…..
Uno che strilla: udite udite, domani in ore antimeridiane presso il sacrato più alto si celebra il rito funebre dell’ultimo squarcio della Democrazia.
Poi si penserà come sostituirla, anche se da più parti si sostiene che è giunto il momento di valutare una nuova modalità di organizzare un soggetto che risponde alla società radicalmente cambiata, con caratteristiche che la rendono chiaramente differente dal passato.
È evidente che società e Stato devono trovare qualcosa che li leghi, un medium, un mezzo, uno strumento per tradurre i bisogni della società, le belle idee, i bisogni e le idee, le innovazioni della società in politiche.
Ancora oggi è in atto nei partiti, un processo camaleontico, fino al punto che da strutture di raccordo tra la cosiddetta società civile e lo Stato, stiamo assistendo all’arrembaggio dell’occupazione del potere a tutti i livelli, senza che nessuno proferisce parola.
Anche noi da giovani abbiamo, avuto contatti con movimenti e associazioni; partecipando a convegni assemblee ad eventi, per poi constatare che non serviva a niente.
Del resto gli stessi pentastellati negano di essere un partito, così come le numerose liste civiche che sono nate negli ultimi anni in molti piccoli comuni accusano apertamente i partiti di pensare più alla loro sopravvivenza che al governo locale.
Eppure, mentre tutti gli indicatori dicono che la democrazia rappresentativa al pari dei partiti è in crisi, non si può rinunciare a un metodo democratico nella gestione del potere. Perché se l’alternativa è la rappresentanza degli interessi affidata a think-tank e organizzazioni tra privati, corriamo il rischio che le domande dei più deboli della società siano sottorappresentate mentre chi può permettersi grandi strutture di lobby può accedere più facilmente ai luoghi del potere.
Certo, immaginare un orizzonte diverso dalla democrazia rappresentativa europea basata sul Parlamento, è molto difficile, anche perché la democrazia è un mezzo che permette alla gente dire quello che pensa e di decidere del proprio futuro e di quello dei propri figli.
In queste parole il termine “democrazia” corrisponde alla democrazia detta “liberale” che ha la sua origine nel parlamentarismo anglo-francese ed è caratterizzata da una molteplicità di partiti, istituzioni libere, divisione e indipendenza dei poteri: esecutivo, legislativo, giudiziario, liberismo economico e mercato libero.

Una democrazia diventa dittatura o autoritarismo populista quando il sistema democratico liberale e la politica dimenticano il bene comune e rinunciano ai principi fondamentali di onestà, equità trasparenza; i partiti diventano una casta privilegiata, e i patti nascosti e la corruzione prendono il sopravvento. Allora il popolo pensa che un governo radicale e drastico potrà trovare la soluzione ai grossi difetti delle democrazie corrotte, anche a rischio di perdere la libertà. Come accade in Cina, dove Mao ha instaurato una forma particolare di governo chiamata “democrazia popolare”, molto diversa della democrazia liberale; difatti la libertà è ristretta in quasi tutti gli ordini della vita pubblica e persino privata. A controllare tutto è un solo partito che ha garantito un progresso economico sorprendente, attuando una disciplina che prevede il castigo esemplare ai corrotti (nei casi più gravi, l’ergastolo o la pena di morte). Di contraddittorio nemmeno a parlarne.
La verità è che la libertà è un pane duro, che i nostri teneri dentini da latte non sono in grado di masticare. Vivere senza padroni mentali è impresa terribile, così come tenere a bada i propri demoni, perché in quel caso sei solo davanti alla realtà. Non ci sono mamma e papà a pensare per te, a dirti cosa fare, a preparati pane, burro e marmellata.
I libri di Storia non sono, iconostasi da venerare, ma strumenti su cui sviluppare la tua intelligenza critica, il principio del dubbio, l’onere della scelta, la curiosità di chi esplora un universo infinito di possibilità, sensazioni, rischi, cadute. Si tratta di pedalare fuori dal gruppo, affrontando l’aria fredda che punzecchia la coscienza, è quello il momento di fare le scelte. Chi invece ci si affida alle idiozie che girano nella rete non è un cretino. È una ennesima, piccola, vigliacca, pericolosissima pedina della nuova ditta tura. Quella definitiva.
A conclusione della puntata Ulisse andata in onda sabato 13 ottobre su Rai Uno, Alberto Angela ricorda una frase di Primo Levi sull’Olocausto che suona come un monito per tutta l’umanità: “E’ accaduto, quindi può riaccadere di nuovo”.
Il tema drammatico al centro della puntata è il viaggio delle donne, dei bambini e degli uomini ebrei che il 16 ottobre 1943 furono catturati a Roma dai nazisti e portati in treno ad Auschwitz e in altri campi di sterminio formati in territorio polacco dai nazisti.
Pochi scamparono alla cattura e pochissimi sopravvissero agli stenti e gli orrori dei campi di sterminio. Tra loro la senatrice a vita Liliana Segre e Sami Modiano, catturato in Grecia.
I due scampati hanno raccontato le emozioni, ma anche di paure e le angosce che mai sono riusciti a superare.
Liliana Segre fu posta su un treno merci partito tristemente famoso binario 21 da Milano, Sami a Rodi su un battello per il bestiame. La loro storia si intreccia con quella di sei milioni di ebrei europei sterminati per volere del Terzo Reich.
E se c’è un posto dove brutalità più infernale e disumana, si è materializzata, è proprio il campo di Auschwitz- Birkenau.
Le vicende degli ebrei romani rivelano, infatti, la dolorosa e progressiva presa di coscienza della persecuzione, non come un’imposizione dello straniero, ma come un dramma italiano, quello di italiani contro italiani.
Ormai la democrazia rappresentativa è in fin di vita, sopravvive nelle forme ma non nella sostanza. Ha trionfato la democrazia diretta, quella che si rivolge senza filtri ai cittadini e considera appunto con fastidio il formale sottomettersi a un’architettura istituzionale che prevede dei corpi intermedi, e che ha nel parlamento il suo massimo punto di rappresentanza.
Le cause del decesso della democrazia rappresentativa è facilmente comprensibile. La politica, e tutti gli schieramenti non ne sono esenti, predilige la comunicazione diretta con gli elettori, le piazze digitali e i giornali come strumento di discussione, e considera il loro verdetto dirimente. Nel senso che, metti caso, se il popolo di Facebook boccia una proposta questa sicuramente non arriverà mai nelle opportune sedi per essere dibattuta.
Si dirà che oggi funziona così, che è anacronistico oltre che fastidiosamente moralista prendersela con lo strapotere dei social network, per il loro contributo a una comunicazione usa e getta. E magari sarà anche vero. Resta però un fatto: il dibattito politico così concepito tende a facilmente a sconfinare nella propaganda e che, per i cittadini che nell’urna hanno espresso fiducia nell’annunciato cambiamento, dopo il voto è sufficiente una “Democrazia a Mezz’asta” e, ove alzassimo l’asticella la Democrazia non c’è la farebbe a saltare, “chissene frega” tanto è fatta!

Gruppo di Cooperazione e di Proposte