FEBBRE DA CAVALLO

Dic 29, 2017 | Uncategorized

A volte interpretare i dati diffusi dall’Istituto Italiano di Statistiche in ordine alla situazione delle aziende agricole in Italia, non sono da prendere come riferimento, ma sono numeri con elevata approssimazione. In pratica non attendibili, o comunque qualsiasi accostamento con i dati pubblicati dall’INPS, meno di trenta giorni orsono è improponibile.
La differenza è pari a 1.000.000 di aziende – ISTAT > 1.400.OOO contro le 450.000 < INPS - Con questi numeri sono falsate anche le percentuali di SAU e la concatenata ripartizione delle superfici destinate alle diverse coltivazioni di cui quelle investite a seminativi indicate al 20% della SAU, che a sua volta è appena il 55% dell'intera area agricola. Mentre le aziende zootecniche sono il 12% del totale, c'è, ove ce ne fosse bisogno, la conferma che circa 80% delle aziende sono a carattere prettamente familiare. Al di là delle solite percentuali, emerge una forte riduzione delle aziende e una sostanziale tenuta in termini produttivi. Di contro si cimenta il c.s. della Confagri che pubblica una prima stima della situazione economica dell'agricoltura del 2017- riportata da Agricolae. In sintesi mentre l'export cresce, si perde in valore aggiunto dei prodotti e quindi ci rimettono gli agricoltori è con loro cala l'occupazione. Il rapporto puntualizza: "Nei primi nove mesi dell’anno il settore primario aveva già accumulato un calo del 3,4% del valore aggiunto in termini reali rispetto allo scorso anno; il resto dell’economia, invece, ha proseguito la tendenza di crescita registrando sinora un aumento del PIL di un punto e mezzo percentuale. Secondo le stime queste variazioni saranno confermate su base annua, il valore aggiunto del settore agricolo tornerà al di sotto di quello registrato nel 2012.” Al di là dell’entusiasmo enfatico di certi commentatori, l'agricoltura vive una fase congiunturale difficile, ancora una volta in controtendenza (ma stavolta in negativo) rispetto all’andamento dell’economia generale del Paese. Livelli delle produzioni insoddisfacenti, instabilità dei prezzi di vendita, alti costi dei mezzi di produzione, e problemi di varia natura, hanno compromesso la redditività, e la fiducia delle imprese. Infine, notizie non buone vengono anche dal versante dell’occupazione in agricoltura: diminuiscono soprattutto gli indipendenti (-3,2%), e in particolare le donne (-7%); segno negativo, sia pure più contenuto, per i dipendenti (-2,2%) con, anche in questo caso, una flessione più rilevante per le donne (- 8,4%). Insomma, è sempre più presente l'incertezza che certi dati vanno presi con le pinze, altrimenti rischieremmo di scottarci le mani. Se a tutto questo aggiungiamo che solo alcune organizzazioni agricole dichiarano che le aziende fidelizzate sono circa 3.500.000, la perplessità diventa certezza. Ne deduciamo che gli agricoltori ormai sono numerosi sulla carta intestata, meno della metà dai dati ISTAT e solo un terzo dei numeri divulgati dall'Istituto di statistica trova riscontro nei dati INPS, in aggiunta solo 186.000 imprese agricole assumono manodopera. Sarebbe proprio il caso, non è mai troppo tardi, che il Dicastero della Politiche Agricole facesse chiarezza, anche per dare un minimo di credibilità agli agricoltori, che tra siccità, alluvioni, grandine e intemperie, hanno ancora la forza di andare avanti con dignità.