FINALMENTE LO STIVALE È NEL PIEDE GIUSTO

Lug 20, 2017 | Dalla Confeuro

La più grande forza politica di Governo, ha preso a cuore la “questione giovani”.
La notizia è interessante, perché coinvolge i giovani, preoccupandosi di quando saranno in età pensionabile.
Ci stiamo riferendo al Partito Democratico, che ha organizzato una commissione di esperti, che da diversi giorni, si è riunita per sviluppare una via di fuga utile per i trentenni di oggi, affinché possano puntare ad una vecchiaia più serena ed un assegno mensile tra i 650 e i 1000 euro, dopo appena vent’anni di lavoro. Ciò che si discute vede la partecipazione attiva dei tre sindacati, preoccupati, al pari dei Dem, dell’emergenza previdenziale per gli under 40 di oggi. Pare che hanno in mente di introdurre nel sistema contributivo, come riporta la stampa, anche per le giovani generazioni, “un minimo previdenziale, come nel retributivo, pari si può immaginare, a 650 euro per chi ha 20 anni di contributi, che possono aumentare di 30 euro al mese per ogni anno in più fino a un massimo di mille euro”.
Non tutti sono preoccupati dei “giovani vecchi”, ma in tanti siamo assaliti dai risultati del rapporto “Occupazione e sviluppi sociali in Europa” della Commissione Europea.
I numeri che ci riguardano sono impietosi ed evidenziando i record negativi dei giovani italiani. Ad esempio, riporta Francesco Cancellato su Linkiesta, che abbiamo il 19,1% di Neet (giovani ombra), quasi il doppio rispetto alla media continentale. O ancora, che siamo al terzo posto in Europa per disoccupazione giovanile (non trova lavoro il 38,6% dei giovani che lo cercano). O ancora, che siamo il Paese in Europa dove i giovani trovano i lavori peggiori e peggio pagati. O che, anche per questo, le nostre madri sono quelle con l’età media più alta, alla nascita del loro primo figlio.
E poi c’è chi racconta che trattasi, di un furto intenzionale da parte degli anziani sui giovani, che impedisce di focalizzare le vere questioni su cui siamo seduti, da decenni. È il non averle affrontate meglio: aver rinunciato ad affrontarle – che ha fatto esplodere la questione generazionale. E i giovani dovrebbero aver contezza di questo. Se non altro per capire per cosa e con chi prendersela.
È un problema di Mezzogiorno, innanzitutto, non dell’Italia intera. È infatti la disoccupazione giovanile nelle regioni meridionali il dato che fa schizzare l’Italia in testa alle classifiche. Se in Calabria quasi sei giovani su dieci cercano lavoro e non lo trovano, in Provincia di Bolzano la disoccupazione giovanile è al 3%. Anche in relazione ai Neet, la percentuale nel Sud Italia è esattamente il doppio rispetto a quella del Nord (34% contro 17%). Non solo: in un anno “buono” come quello appena trascorso, i Neet del nord sono diminuiti a velocità doppia rispetto a quelli del Sud. Tradotto: se ci si mettesse di buzzo buono per provare a far crescere le economie meridionali, le statistiche sui giovani migliorerebbero all’istante. Scommettiamo?

L’Italia è infatti anche uno dei Paesi col più alto tasso di disoccupazione tra le persone con una laurea o più. Non solo: a tre anni dal conseguimento del titolo di studio, oltre un quarto dei laureati italiani svolge mansioni in cui il possesso della laurea non è necessario, o addirittura è eccessivo. Poi certo – coincidenza! – i laureati sono di più tra i giovani, in percentuale. Ma, ancora, il problema non risiede nella carta d’identità, quanto piuttosto nel fatto che l’Italia ha un sistema produttivo a bassa intensità di capitale umano specializzato.
L’Italia è uno dei Paesi col più alto tasso di disoccupazione tra le persone con una laurea o più. Non solo: a tre anni dal conseguimento del titolo di studio, oltre un quarto dei laureati italiani svolge mansioni in cui il possesso della laurea è quasi un ostacolo.
Indipendentemente che i giovani ne facciano parte o meno, l’Italia è un Paese di circoli chiusi, ordini professionali, piccole e grandi caste. Un Paese in cui un lavoratore pubblico abbandona la scrivania solo quando va in pensione. In cui i tagli alla pubblica amministrazione si fanno bloccando il turnover. In cui l’accesso alle professioni liberali (avvocati, notai, commercialisti, giornalisti) è subordinato all’iscrizione a un ordine professionale e in molti casi contingentato. In cui, le riforme del lavoro e delle pensioni non valgono per tutti, ma si fanno solo sulla pelle dei nuovi entrati. Un disoccupato anziano, per dire, avrebbe gli stessi problemi di precarietà di un disoccupato giovane. Solo che i giovani disoccupati, fisiologicamente, sono molti di più.
Infine quel gigantesco barattolo del debito pubblico che continuiamo a calciare in avanti sarà un problema sempre più grande, per le generazioni che verranno, se non ci mettiamo di buzzo buono per provare, un po’ alla volta, a ridurlo. O perlomeno, a provare a crescere, senza farlo aumentare in misura più che proporzionale. Facciamolo, e vedrete che i giovani di domani ci ringrazieranno. Se non altro, perché potranno spendere un po’ di soldi per provare a cambiare le cose, e non solo per pagare gli interessi sui nostri errori.
Sarebbe il caso che gli esperti Dem e la triplice , con tutto il rispetto, invertissero, l’ordine del lavori.