GLI SCIENZIATI VEDONO UN RUOLO PER INSETTI E ‘PIANTE ORFANE’ NELL’ALIMENTAZIONE UMANA

Dic 13, 2017 | Dalla Confeuro

Un numero estremamente esiguo di specie di piante e di animali dominano la produzione agroalimentare globale. Bovini, pecore, maiali e pollame costituiscono la maggior parte del settore del bestiame, mentre frumento, mais, riso e soia costituiscono il 60% di tutta la produzione agricola mondiale. Meno di 30 specie rappresentano più del 95% del fabbisogno alimentare umano.
Gli esperti di sicurezza alimentare stanno facendo pressione perché si diversifichi la produzione. “Facciamo troppo affidamento su un numero estremamente limitato di colture”, ha dichiarato il professor Toby Bruce, dell’Università di Keele. “Vediamo quattro colture viaggiare in tutto il mondo, eppure l’uomo raccoglie 7.000 colture”, dice Sayed Azam-Ali, professore di sicurezza alimentare presso la Nottingham University, che gestisce il centro di ricerca Crops for the Future, vicino a Kuala Lumpur, in Malesia.
Il suo è uno dei vari istituti che puntano a individuare fonti alimentari non sfruttate – a volte conosciute come colture orfane, trascurate, o non utilizzate a pieno – che potrebbero essere coltivate più ampiamente, in particolare nei paesi in via di sviluppo.
Uno degli esempi preferiti del professor Azam-Ali è l’arachide di Bambara, che viene tradizionalmente coltivato dalle donne che praticano un’agricoltura di sussistenza, nell’Africa occidentale. È un c.d. “alimento completo”, che contiene una sana combinazione di carboidrati, proteine e grassi. Le arachidi sono versatili; possono essere consumate intere, dopo essere state bollite o tostate, o essiccate e macinate per produrre una farina per preparare gnocchi, torte e biscotti.
Nonostante l’arachide di Bambara sia facilmente coltivato su terreni poveri e aridi, cresce bene solo ai tropici. La ricerca del professor Azam-Ali e dei suoi colleghi ha dimostrato che tutto ciò si deve al fatto che lo sviluppo delle arachidi dipende dalla quantità di luce diurna ricevuta ogni giorno, che non dovrebbe variare molto nel corso dell’anno. Tuttavia, attraverso l’ibridazione si producono, oggi, varietà di Bambara destinate ad avere buone performance anche in luoghi lontani dall’equatore, che sono soggetti a significativi cambiamenti stagionali – in termini di lunghezza del giorno e della notte – come il Mediterraneo.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), in collaborazione con l’African Orphan Crops Consortium, sta promuovendo la riscoperta di colture che sono state dimenticate nel corso dell’ultimo secolo, come, per esempio, lo yam, o igname, il dattero del deserto, la opuntia, il baobab, il teff (un cereale originario dell’Etiopia e dell’Eritrea) e il ber (un albero tozzo che produce bacche ricche di vitamine).
La collaborazione mira a migliorare la sicurezza alimentare in Africa, con “scienziati africani che utilizzano alcuni dei migliori strumenti e delle migliori attrezzature disponibili ovunque nel mondo, per produrre alimenti sicuri, nutritivi, ed economici, in modo sostenibile”, spiega Tony Simons, direttore generale del World Agroforestry Centre, di Nairobi. “Queste informazioni consentiranno ai coltivatori di utilizzare le stesse strategie e le stesse tecnologie utilizzate per le colture occidentali, come il mais, per migliorare rapidamente le colture africane”.
Quando si arriva a parlare di diversificare, di passare dal bestiame a nuove fonti alimentari d’origine animale, gli insetti, di solito, sono al primo posto nella lista delle alternative, seguiti dalla carne prodotta in laboratorio. Negli ultimi sei mesi, due gruppi di ricercatori inglesi, uno dell’Università di Edimburgo e dello Scotland’s Rural College, e l’altro del Rothamsted Research, nella contea di Hertfordshire, e dell’Università di Nottingham, hanno pubblicato degli studi concernenti il potenziale dell’entomofagia – il consumo di insetti – per sostituire la produzione convenzionale di carne.
Lo studio scozzese ha, inoltre, scoperto che sostituendo metà della carne consumata in tutto il mondo con grilli e vermi, l’utilizzo dei terreni coltivi diminuirebbe di un terzo, riducendo sensibilmente le emissioni di gas serra. Tuttavia, nella pratica, l’avversione di molti occidentali ad accettare il consumo di insetti, e gli investimenti nelle infrastrutture che sarebbero necessarie, fanno sì che tutto ciò non sia destinato ad avvenire su larga scala.
Ma i ricercatori sostengono che anche un aumento relativamente piccolo dell’entomofagia – per esempio utilizzando insetti come ingredienti in alcuni alimenti preconfezionati – avrebbe effetti benefici per l’ambiente. Al contrario, hanno scoperto che la carne prodotta in laboratorio non è più sostenibile, in termini ambientali, della produzione di pollame.
Lo studio Rothamsted/Nottingham ha, inoltre, scoperto che “gli insetti presentano un’enorme opportunità, dal punto di vista nutrizionale, dal momento che una crescente popolazione globale è alla ricerca di fonti sostenibili di alimenti e di mangimi”, ma – spiegano i ricercatori – l’entomofagia su larga scala si trova a dover affrontare ostacoli culturali, sociali ed economici.
“In condizioni ideali, gli insetti hanno un impatto ambientale più contenuto, rispetto alle più tradizionali forme occidentali di proteine animali”, spiega Darja Dobermann, che ha guidato lo studio. “Meno noto è come aumentare la produzione di insetti, mantenendo, al tempo stesso, questi effetti benefici per l’ambiente”.
Lo studio ha scoperto che più di 2.000 specie di insetti costituiscono fonti alimentari, soprattutto in Asia e in Africa. In alcune zone dell’Africa centrale, metà dell’apporto proteico deriva storicamente dagli insetti; il loro valore di mercato è spesso più alto, rispetto ad altre fonti di proteine animali. In ordine di popolarità, tra le specie destinate al consumo vi sono: coleotteri; bruchi; api, vespe e formiche; cavallette, locuste e grilli; cicale, cicadelle, cocciniglie e insetti; termiti; libellule e mosche. Possono essere consumati crudi, fritti, bolliti, arrostiti o essiccati e macinati.
Probabilmente, sarà più fattibile allevare insetti da trasformare in mangime per animali, come anche in farina di pesce per il settore dell’acquacoltura, piuttosto che per il consumo umano diretto. Per esempio, la nextProtein, una start-up parigina che opera nel settore agro-tecnologico, alleva larve di mosca soldato sugli scarti di frutta e verdura dell’industria alimentare. Queste larve vengono trasformate in componenti per l’acquacoltura, mangime per il bestiame, e fertilizzante agricolo.

Fonte: Financial Times