16 ottobre 1945 – Quebec, nasce la FAO – Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura. Quando nacque i paesi erano 44, oggi se ne contano ben 191, oltre l’Unione Europea. Considerata la quasi totalità dei paesi che ne fanno parte, deduttivamente dovremmo registrare un successo inusitato, niente più fame, niente povertà, insomma una civiltà mondiale degna del III millennio.
Nel 1961 nasce il PAM – Programma Alimentare Mondiale – L’ultimo in ordine di tempo IFAD – Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. – Bilancio annuale dei tre organismi circa 10 miliardi di dollari – Anche per la memoria, la FAO celebra ogni anno la giornata mondiale dell’alimentazione e del benessere. Tra l’altro ogni anno indice concorsi per bambini e ragazzi di tutto il mondo perché utilizzino la loro creatività per esplorare il rapporto tra cambiamenti climatici e le esigenze alimentari delle popolazioni del pianeta sempre più in aumento.
Le previsioni riportano che la popolazione mondiale nei prossimi 30 anni raggiungerà oltre 9 miliardi di persone, ragion per cui, per tenere il passo, con questo incremento demografico, la produzione alimentare mondiale dovrà aumentare del 60%. Nel frattempo, gli agricoltori su piccola scala e a livello familiare – che producono la maggior parte del cibo che mangiamo – andranno via via scomparendo, in quanto, essendo indifesi, accuseranno integralmente gli eventi atmosferici: alte temperature e siccità in uno ai disastri dovuti a condizioni atmosferiche associate ai cambiamenti climatici.
Nelle tematiche trattate da molti adolescenti è ricorrente la domanda: “Come mai siamo ancora alla continua ricerca di soluzioni per debellare la “Fame nel Pianeta” atteso che le Nazioni Unite, con la FAO, sono circa 70 anni che si batte contro la malnutrizione e poi c’è il PAM e ancora l’IFAD e, come si spiegano, la carenza di farmaci, la mancata assistenza, soprattutto il dipartire di 20-30 bambini al minuto?
Tra i partecipanti al concorso c’è anche chi ha richiamato il miracolo pilotato attraverso il digitale, tanto in voga negli ultimi tempi, ma in mano alle multinazionali del seme e dei prodotti chimici. Per quanti non lo sapessero, l’agricoltura digitale è destinata a rivoluzionare il modo di mangiare e cosa mangeranno in futuro i popoli della Terra……..!
Addio insetti, malattie, ed erba infestante, basta incubi per gli agricoltori! I moderni strumenti di protezione delle colture possono aiutare gli agricoltori a produrre derrate eccellenti e sicure. Per esempio, immagini satellitari e droni possono offrire osservazioni dettagliate sul campo, mentre sensori remoti possono scattare foto a cadenza regolare, e misurare le radiazioni emesse in una gamma di lunghezze d’onda. Queste bande non visibili rivelano una grande quantità di informazioni concernenti le condizioni delle colture, così come la loro vitalità generale. In questo modo, fattori di stress che mettono in pericolo le piante possono essere individuati molto prima che diventino visibili a occhio nudo.
L’agricoltura digitale apre la strada a una nuova rivoluzione agricola che rende l’agricoltura più intelligente, efficiente e sostenibile.
Ma come la mettiamo con i nostri contadini e i piccoli produttori agricoli dei paesi in via di sviluppo, che non hanno disponibilità economiche e nemmeno dimestichezza nell’uso dei computer?
Una domanda per la quale bisogna evitare che la risposta sia prerogativa dei “sostenitori della globalizzazione” e delle multinazionali.
Nei fatti i piccoli coltivatori, negli ultimi tempi stanno pagando le cambiali della PAC e sono stati esclusi senza possibilità di appello.
Siamo di fronte ad una nuova “Rivoluzione agricola” che rende il settore primario più intelligente, efficace e sostenibile e contemporaneamente cancella proprio l’agricoltura familiare, che attualmente riesce a produrre il necessario, al punto che le filiere si sono concesse licenze di sprechi e distruzione delle derrate ritenute in surplus. E la fame?
La storia riporta che le rivoluzioni, le fanno i popoli, con scopi nobili, come libertà, legalità, giustizia, democrazia, diritti, nella fattispecie sono le multinazionali che impongono una sorta di rivoluzione obbligatoria, del tipo prendere o chiudere. Nella sostanza il benessere è roba per pochi e chimera per il resto dell’Umanità che è costretta a rifugiarsi nella fede in attesa del miracolo.
Noi vogliamo credere nella ragione e, pur rispettando il divino, siamo desiderosi di capire e ricercare una spiegazione su tutto. Infatti la ragione non dice: “Alzati e cammina”, perché non lo ammette e per la sua stessa natura non può neanche pensarlo, anche se: “Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio”.
Questione di fede, dunque, cieca nell’aldilà ed illuminata nell’aldiquà. Immaginario e concreto convivono nell’uomo, che segue fede alternativa e che per non scordarlo tiene appese sulle pareti di casa e conservate nel portafoglio immagini di divinità e di esseri umani, che venera con pari passione. Ciò che non possiamo accettare è la costrizione imposta alla gente comune, la quale crede nella più naturale buona fede, tanto da sperare, come miracoli, eventi alla portata di facoltà umane.
Le buone idee, le promesse e gli annunci abbondano, così come in concreto si scrivono Patti – ricchi di buoni propositi – ma purtroppo subiscono profondi cambiamenti nel passar dalle menti alle mani. Eppure si tratta di vite umane, forse non contemplate nel Digitale del presente e nemmeno nell’immaginario futuro?
Occhi spenti o verità.