UNA TASSA PER IL FUOCO!

Lug 19, 2017 | Dalla Confeuro

Un fenomeno di quelli rari, spopola per lo Stivale. Uno stivale di fuoco e di sete, infettato da forme aliene a da note macchie rosso-vampiri, sta preoccupando la politica e gli uomini che la praticano. È come fosse un morbo raro che un tempo, prima di essere debellato, mieteva vittime tra vecchi e bambini. Puntualmente dopo l’equinozio di primavera, il verde bosco diventa rosso fuoco, e la terra, un tempo ricca di Humus, via via, per la sete, si presenta piena di crepe ed è sempre più arida.
Non ci sembrano fenomeni rari, ma costanti e sintomatiche ricadute. Nulla di raro quindi, tutti consapevoli del ripetersi degli eventi, meglio dire “disgrazie”.
Se le tasche degli Italiani sono state già alleggerite dai vampiri al soldo del “fisco”, si suppone che i manovratori abbiano subito le piacevoli conseguenze.
I fatti dicono il contrario, non piacevoli, ma spiacevoli conseguenze, tant’è che il Belpaese brucia dalle Alpi a Calatafimi. Non ci sono risorse per i pompieri e cosa grave, nemmeno per i mezzi. I nostri sono spegnifuoco a mani nude, per non dire dei canadair che difettano nel numero e non c’è carburante per farli volare.
Mentre boschi e sottobosco diventano “Carbonella”, Enti locali e Regioni del Sud, isole comprese, lamentano che non hanno soldi e si dicono costrette a tagliare gli stipendi ai Vigili del Fuoco, e i cittadini devono autotassarsi per permettere agli elicotteri e ai canadair di volare per spegnere le fiamme.
Può sembrare una provocazione, ma è pura realtà. I vigili del fuoco costano e le attrezzature, oltre ad un costo elevato, vanno continuamente controllate e quindi altro personale con notevoli costi aggiuntivi. Ma tutti questi costi sono poi così necessari? È unanime convinzione che salvare una vita e i beni della collettività comporta una specifica preparazione e attrezzature particolari. Ne deriva che ha validità assoluta il detto: “costi quel che costi”.
Sarebbe come dire: in caso di rapina io, vigile del fuoco, affronto il malvivente con le mani nude o con un bastone; allora perché spendiamo soldi per acquistare costose Beretta calibro 9 parabellum per le forze dell’ordine? Per il controllo del territorio e per contrastare la delinquenza si è deciso di armare anche la Polizia Municipale, ma se con tutti quei lavoratori, qualche centinaia di migliaia di addetti della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria, della Polizia Provinciale e regionale, Guardiacaccia e custodi del Tevere non bastavano?
Non sono anche queste spese superflue; ditelo voi a questi lavoratori che il loro armamento costa allo Stato tanti soldi e che si potrebbe ovviare, al contrasto alla malavita, con altri mezzi meno costosi di una pistola. Che in tutto il Paese vi è una situazione critica e che addirittura in sette Regioni non hanno mezzi aerei per intervenire nello spegnimento di incendi è cosa nota al Governo. Eppure sono territori ad elevatissimo rischio incendi. Il copione è sempre lo stesso, Sicilia, Puglia, Basilicata, Abruzzo, Molise, Marche e Umbria, di fronte al fuoco, i malcapitati scappano, e i piromani fanno festa.
L’unica speranza – si legge in un articolo de l’Inkiesta – è l’intervento dell’esercito. Ciò che indigna, è vedere che tutto brucia, ma i 32 elicotteri antincendio del Corpo forestale, dopo l’accorpamento con l’arma dei Carabinieri, sono a terra inutilizzati per mancanza di brevetti e adeguamento ai nuovi criteri imposti dalla legge. Se aggiungiamo il personale, viene fuori che: degli ottomila forestali, 6.400 sono andati a rimpolpare l’organico dei carabinieri, 1.240 sono finiti a vari livelli nella pubblica amministrazione e solo 361 sono andati ai vigili del fuoco. Una sproporzione piuttosto evidente, aggravata dal fatto che le competenze proprio sugli incendi boschivi sono finite agli stessi vigili che, privi di mezzi e organico, si sentono abbandonati dallo Stato.
L’opera, per meglio definire le competenze dei vigili dopo la soppressione dei forestali, è stara completata dall’Esecutivo con una nuova legge: ma le norme necessitano di 15 decreti attuativi, dei quali non si hanno notizie. Volendo potremmo andare all’infinito, una per tutte: i pompieri sono il corpo meno pagato in Italia.
Se accanto alle irresponsabilità del Governo, aggiungiamo quelle delle Regioni, viene fuori che ad oggi Campania e Lazio non hanno ancora approvato il Piano Aib 2017 (piano antincendio boschivo) e dunque le relative modalità attuative per organizzare la prevenzione, il lavoro a terra e gli accordi con i vigili del fuoco e con la Protezione civile. La conseguenza è che gli operatori lavorano senza direttive ed esposti a turni massacranti. La decisione del Governo è quella di inviare l’esercito, con il rischio di mandare persone impreparate, che non hanno competenze dell’antincendio boschivo.
Stranamente e per motivi burocratici, i cosiddetti discontinui (precari dei vigili del fuoco) che potrebbero tornare utili ed essere chiamati al servizio vista l’emergenza, resteranno loro malgrado a casa. Or dunque, l’Italia brucia e non ce ne siamo ancora accorti. Ormai ci sono lingue di fuoco sparse per tutto il Paese; brucia il Vesuvio, e i paesi lungo la direttrice. Un forte vento di brezza e il caldo stanno trasportando le fiamme «di chioma in chioma», incenerendo boschi e lambendo paesi e città. Momenti critici con centinaia di turisti e di abitanti del posto intrappolati tra vento e fiamme, in attesa di essere evacuati.
Nel Gargano, le fiamme hanno distrutto diversi ettari di bosco e di macchia mediterranea. Temperature altissime e vento rappresentano un formidabile innesco degli incendi. E in Calabria, nel Vibonese, le fiamme minacciano un santuario. Anche in Sicilia la situazione è critica. Solo in provincia di Messina sono già andati in fumo 2000 ettari.
Quando si denuncia la scarsa manutenzione del territorio come una delle cause che favoriscono gli incendi, ogni volta sembra una affermazione che è difficile da smentire. E invece proprio nella Capitale, una cinquantina di interventi dei vigili del fuoco sono stati necessari per spegnere l’incendio delle sterpaglie. Forse l’odore acre del fumo, potrebbe lambire anche gli emicicli, e quindi infastidire i nostri – uomini legge – che potrebbero rivedere alcune norme afferenti il sistema incendi o magari inventare una nuova tassa, a sostegno del Corpo dei Vigili del Fuoco.
Parafrasando John F. Kennedy: «Non chiederti che cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti che cosa puoi fare tu per il tuo Paese». È una delle massime più citate e disattese della storia dell’umanità, perlomeno qui in Italia.
Il populismo, non quello di un partito o dell’altro, ma quello coccolato nei nostri migliori alibi, è anche dare la colpa a un altro per quello che avremmo potuto fare noi. Così, se a qualcuno nei prossimi tempi venisse in testa di fare la rivoluzione, speriamo si ricordi che in molti hanno già preteso di cambiare il mondo limitandosi a cambiare gli altri.

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