IL MONDO SEMPRE PIÙ CALDO RISCHIA DI DIMEZZARE LA BIODIVERSITÀ

Mar 15, 2018 | Dalla Confeuro

Che cosa accadrebbe se non riuscissimo a fermare il cambiamento climatico? Alcuni scenari, e non sono nemmeno i peggiori, dicono che se le temperature medie globali salissero di 4,5° il 50% delle specie locali che oggi popolano i luoghi più preziosi al mondo per la conservazione si estinguerebbero. Il pianeta perderebbe così gran parte della sua preziosissima biodiversità. Ma non solo: anche se la temperatura globale media fosse mantenuta entro 2° oltre i livelli preindustriali (accordo di Parigi), il 25% delle specie sarebbe comunque a rischio estinzione.
Sono queste le drammatiche previsioni stilate in un lungo rapporto diffuso oggi dal Wwf e realizzato in collaborazione con il Tyndall Centre for Climate Change. I risultati, basati sullo studio di decenni di cambiamento climatico e dell’impatto di quest’ultimo in 35 “zone prioritarie per la conservazione” ci dicono che dobbiamo fermarci ora: il surriscaldamento globale è adesso e se non attuiamo subito politiche per stoppare gas serra e inquinanti l’innalzamento delle temperature potrebbe distruggere per sempre la biodiversità di diverse aree del mondo, compreso il nostro Mediterraneo. Il che significherebbe dire addio alle vulnerabili tartarughe marine, vedere sempre meno balene private dei preziosi krill o assistere impotenti a spostamenti di migliaia di tonni.
Negli ultimi 50 anni, in tutte le zone prioritarie per la conservazione, ovvero habitat dove vivono la maggior parte delle specie del nostro pianeta, è avvenuto un innalzamento delle temperature, anche se il cambiamento climatico non è un fenomeno che si può definire “uniforme” in tutto il mondo. In aree regionali o foreste, dalla riserva Amazzonica alla giungla del Borneo, dal Madagascar al mare Artico, dalle coste Australiane sino al nostro Mediterraneo la biodiversità è ovunque in pericolo. Se le temperature dovessero continuare a crescere il Wwf stima che il 50% delle piante sarebbe a rischio, così come gran parte degli animali che per adattarsi dovranno trasferirsi altrove: “Alcune specie potrebbero sopravvivere seguendo lo spostamento delle loro condizioni climatiche preferite e disperdendosi in nuove aree, ma l’habitat adatto in cui spostarsi potrebbe non esistere, o potrebbe essere già stato convertito in agricoltura o ad altri usi del territorio incompatibili con la sopravvivenza di quella specie”.
Per questo i governi, oltre a combattere le emissioni di gas serra, di anidride carbonica e lavorare – come per da accordi presi a Parigi – alla riduzione degli inquinanti, sarà anche necessario “raddoppiare gli sforzi di conservazione locale per rafforzare la resilienza delle specie ai cambiamenti climatici, per proteggere e ripristinare i corridoi ecologici che supportano la dispersione, e per rendere sicure quelle aree che rimarranno come habitat adatto – note come “rifugi”- anche con l’aumento delle temperature”.
Una perdita, quella della biodiversità, con implicazioni economiche e sociali, che per il Wwf deve essere combattuta con tutti i mezzi: anche con lo studio, dove gli scienziati devono “continuare i loro sforzi per approfondire la nostra comprensione dei cambiamenti” e dove è necessaria sempre più consapevolezza nei cittadini. Come in quei 300 milioni di visitatori che ogni anno mettono a dura prove le risorse del nostro Mediterraneo, culla dove si incontrano tre continenti e un numero enorme di specie sempre più vulnerabili.
Il bacino del Mediterraneo, ricorda il report, è particolarmente soggetto ai cambiamenti climatici: anche se l’aumento delle temperature si limitasse ai 2°, quasi il 30% della maggior parte dei gruppi di specie sarebbe a rischio, così come più di un terzo di tutte le piante. In quest’area, dove si prevedono estati sempre più calde, gli stress da calore per i sistemi naturali e il cambiamento medio delle precipitazioni (con siccità in ogni stagione) sono destinati a sconvolgere gli ecosistemi. Se il riscaldamento dovesse superare il limite dei 2°gradi “la situazione diventerebbe ancora più desolante: ai livelli di riduzione delle emissioni attualmente previsti, oltre la metà di tutte le specie vegetali e un terzo alla metà di altri gruppi di specie è destinata a scomparire” chiosa il Wwf.
Fra gli animali più colpiti le tartarughe marine, già vulnerabili per riproduzione e nidificazione; i cetacei come le balene che faranno sempre più fatica a nutrirsi di krill oppure i tonni, simbolo del Mediterraneo e della pesca, che a causa dell’innalzamento potrebbero avere impatti su funzioni cardiache, deposizione e schiusa delle uova o essere costretti a migrare (come il tonno rosso). Ma anche squali, razze, storioni o cetrioli di mare, tutti animali preziosissimi per il nostro ecosistema minacciati da un mondo sempre più caldo dove l’uomo, dopo i danni già fatti, ha ora in mano il loro futuro e la loro salvezza.
“Quella che oggi siamo chiamati ad affrontare è una vera emergenza planetaria. Il rischio che molti dei luoghi più affascinanti come l’Amazzonia e le Isole Galapagos e alcune aree del Mediterraneo, potrebbero diventare irriconoscibili agli occhi dei nostri figli non solo viene confermato dai dati della ricerca ma diventa ben più drammatico di quanto immaginavamo”, ricorda Donatella Bianchi, presidente di Wwf Italia che aggiunge: “Metà delle specie non sopravviverebbe al cambiamento climatico. Splendide icone come le tigri dell’Amur o i rinoceronti di Giava, vissuti sulla terra per 40 milioni di anni rischiano di scomparire, così come decine di migliaia di piante e altre piccole creature, fondamentali per la vita sulla terra. Per questo nel prossimo Earth Hour chiediamo a tutti di fare una promessa per il pianeta, a partire da piccoli gesti quotidiani capaci di proteggere il nostro pianeta vivente”.

Fonte: La Repubblica