LA BATTAGLIA DEL GRANO. FORZA NUOVA IN CAMPAGNA

Feb 8, 2018 | Dalla Confeuro

Per i militanti neofascisti di Forza Nuova, la “resistenza nazionale” si costruisce con la salvaguardia del lavoro e dell’agricoltura, rigorosamente tricolore. “Stop alla sostituzione etnica sui posti di lavoro” è la prima battaglia del Sinlai, Sindacato nazionale dei lavoratori italiani, legato al Si-Cel, il Sindacato italiano – Confederazione europea del lavoro, una scissione dell’Ugl.
Lo stesso slogan dal 2010 circola anche nelle campagne, sbandierato da un’altra sigla, Lega della Terra, che difende ortofrutta e contadini rigorosamente made in Italy, il cui presidente, Federico Trotta, è stato candidato a sindaco di Grosseto con Forza Nuova nel 2016. Strutture collaterali al movimento neofascista, che millantano di essere “apartitiche”, salvo poi pubblicare sui profili Facebook del partito e di Italia agli italiani – lista con cui FN si presenta alle prossime elezioni – un grafico che mostra tutte le diramazioni sociali della “piattaforma nera.”.
I concetti di “sangue” e “patria” stanno a cuore ai seguaci di Roberto Fiore, che hanno di affidare la guida di questo sindacato “alternativo” a un nome già noto nella galassia dell’estrema destra, Valerio Arenare, responsabile delle politiche sindacali di Forza Nuova. D’altronde i tempi per rispolverare questi ideali sono maturi: solo pochi giorni fa, Attilio Fontana, il volto del centrodestra alle elezioni regionali in Lombardia, formulava la sua personale apologia della razza bianca, che “va difesa dall’arrivo dei migranti”.
Il bersaglio del Sinlai e della Lega della Terra è la triplice confederale Cgil, Cisl e Uil, “responsabile” di aver introdotto il flusso di lavoratori stranieri nel nostro Paese. In particolare, la Cigl è stata oggetto di diverse provocazioni, l’ultima dopo che una sua sindacalista Fiom, Eliana Como, ha espresso tutto il suo “schifo” per un volantino di FN, in cui si accusa il primo sindacato italiano di ignorare i principali problemi del Paese, con in bella vista la foto di un africano. Cgil e Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, hanno lanciato un appello alle istituzioni “Mai più fascismi”, chiedendo lo scioglimento delle sigle di estrema destra. Le tensioni tra gli ambienti di Forza Nuova e la Cgil hanno raggiunto l’apice ultimamente: “un nostro collega è stato picchiato da alcuni militanti di Forza Nuova a Forlì – dichiara la donna – è il risultato dell’odio che seminano queste persone”.
Como, che non nasconde critiche nei confronti della sua stessa organizzazione, attacca il Sinlai, liquidandolo come una sigla pressoché inesistente, che strumentalizza il malessere dei salariati: “Il Sindacato è di classe o non è, la rappresentanza deve essere generale. Se essa stessa alimenta divisioni, allora indebolisce i lavoratori. La Cgil dovrebbe avere il coraggio di fare una grande campagna culturale sui posti di lavoro, a rischio di perdere qualche iscritto. Ma bisogna urlare che il fascismo è un crimine”.
Alberto Prunetti, scrittore e traduttore, autore di Ami anto e del romanzo “working class” 108 metri in uscita a maggio per Laterza, fornisce ulteriori elementi di analisi: “il fascismo è in realtà uno strumento per dividere i lavoratori, ricompattandoli su comunità fittizie e immaginarie – spiega – il gioco è quello di stratificare e segmentare per evitare forme di solidarietà tra lavoratori. Mettere gli sfruttati gli uni contro gli altri. Fare la guerra tra poveri, che di norma è vinta dai ricchi. Un sindacato fascista è il sogno di ogni imprenditore: è un sindacato bianco, che collabora a estendere lo sfruttamento e non può metterlo in discussione. Sposterà sempre la colpa, col metodo del benealtrismo, verso altri obiettivi lontani dal padrone: gli stranieri, qualche complotto o magari gli ebrei, le banche o una indistinta serie di poteri forti”.
Eppure sono tante le conquiste sociali attribuite al Ventennio. Un’opera di revisionismo storico sui social e nel dibattito pubblico. Nessuno è riuscito a smontare sinteticamente la vulgata fascista meglio di Wu Ming su Twitter: “L’articolo 18 dello statuto dei lavoratori del 1970 è stato conquistato con le lotte dell’Autunno caldo (1969) da operai in larga maggioranza iscritti alla Cgil. Anche la pensione sociale viene introdotta nel 1969. C’era ancora il duce nel 1969?”. E Prunetti tira le somme: “Insomma, è una balla. Il fascismo ha un’altra caratteristica: è un’ideologia che deve celare la verità. Semplifica, banalizza e mistifica: perché serve a mascherare la realtà, per dominarla e imbrigliarla”.
Arginare gli effetti della globalizzazione e tributare gli onori dovuti alle eccellenze enogastronomiche italiane: a celebrare il requiem della purezza alimentare italica è la Lega della Terra, il forcone forzanovista sparso per le campagne del Paese, in tedesco è Landbund, il nome del partito dei contadini che sostenne la leadership di Hitler durante le tragiche elezioni del 1933.
In un articolo pubblicato sul sito dell’associazione, dal titolo “Contadino, ultimo rivoluzionario”, il nazismo è parafrasato come “ideologia rivoluzionaria del secolo scorso” – nella stessa carrellata è presente per la sinistra anche Mao Zedong – e vengono riprese le teorie di Richard Walter Darrè, ministro dell’Alimentazione e dell’Agricoltura del Terzo Reich. Nel suo testo Blut und Boden, la riscoperta degli antichi costumi è possibile solo tornando alla terra e ripudiando la modernità industriale.
Tra i progetti della Lega della Terra, la denominazione comunale di origine (De.c.o) – etichetta riciclata dal marchio di garanzia partorito dalla Legge 142 del 1990, su spinta di Luigi Veronelli, giornalista anarchico e gastronomo – che certifica la provenienza territoriale del prodotto. E “Compro italiano”, un ulteriore bollino per il cibo nostrano, realizzato obbligatoriamente da aziende tricolore raccolto, spremuto e confezionato unicamente da lavoratori italiani. Ma il vero cruccio del neofascismo agricolo è il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento nei campi. Per risolvere la piaga, è necessario eliminare il problema alla radice: blocco dell’immigrazione, rimpatri ed esercito nelle campagne.
Il 30 ottobre 2017, su Facebook, la Lega della Terra, per motivare la partecipazione alla “marcia dei patrioti” del 4 novembre a Roma – chiamata da Forza Nuova per commemorare la marcia su Roma del 1922 – scrive: “Lo ius soli non potrà che far crescere il numero di immigrati già altissimo in Italia con i conseguenti rischi nel mondo del lavoro agricolo, a partire dal caporalato fino ad arrivare al prezzo del costo del lavoro e dei prodotti ancora più basso di quello di oggi”.
Alberto Prunetti smonta anche questo pilastro: “L’ossessione per la purezza, che è tutta simbolica e costruita culturalmente, ma che viene però naturalizzata, è un altro dei loro miti. E poi certo, per cavalcare il rancore sociale, ovviamente il sangue e il suolo. Tutta questa retorica di sangue e suolo però è tutt’altro che igienica. Come sostiene Karl Kraus, produce solo una cosa: il tetano”.
La difesa della patria include anche quella delle donne, soprattutto se lavoratrici e braccianti. A gennaio, Sinlai e Lega della Terra hanno promosso la campagna “Donne e caporalato”. Obiettivo: “liberare” le donne dal giogo dei caporali, per restituirle al loro “habitat naturale” ovvero le mura domestiche. Secondo le sigle neofasciste infatti, dopo aver costretto le donne a lavorare, quindi a stare lontano dai propri figli, adesso le si vuole costringere anche alla miseria. A prendere parte a questa campagna, c’è pure l’Associazione culturale Evita Peron (il braccio “femminile” di Forza Nuova), che aggrega mamme e bambini, famosa per organizzare colonie estive per i più piccoli, in cui si insegnano vecchi inni fascisti e l’alzabandiera. Anche in questo caso, così come a settembre per la circolazione del volantino “Difendila, dai nuovi invasori. Potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia”, i militanti esprimono la loro visione patriarcale della società: la donna deve stare al suo posto, ossia quello che le viene concesso dagli uomini.
Negli ultimi mesi, Sinlai e Lega della Terra hanno fiutato aria di consensi al sud, prima in Campania, organizzando incontri promozionali di prodotti locali, poi in Puglia, stringendo alleanze con i piccoli proprietari di aziende agricole. Una delle battaglie in cui si sono fatti notare di più, è stata quella sul rinnovo del contratto provinciale dei lavoratori agricoli e florovivaisti a San Ferdinando di Puglia, nella provincia di Barletta-Andria-Trani. Auto, mezzi agricoli e falò accesi a bloccare le strade hanno segnato la protesta di produttori e contadini del 1° settembre scorso. “Quel giorno – racconta Giuseppe De Leonardis, Segretario Generale Flai Cgil della provincia – era presente anche FN in strada. Avevano chiamato rinforzi dai comuni limitrofi.”.
“A noi non risulta la presenza di queste organizzazioni tra i lavoratori. È solo propaganda da tastiera”, conferma Aboubakar Soumahoro dell’Unione sindacale di base (Usb), sindacato molto attivo nelle campagne del meridione. Riguardo Forza Nuova, invece, Soumahoro fornisce un altro parere, “nonostante i neofascisti siano insignificanti in questi territori”. Il 10 ottobre 2017, mentre 200 lavoratori – che risiedevano nelle vicinanze del ghetto di Rignano Garganico – occupavano la Cattedrale di Foggia per protestare per l’assenza di acqua potabile e per le condizioni di vita disumane, “gruppi sparuti, si aggiravano nei dintorni, distribuendo volantini razzisti e xenofobi”.
A Borgo Mezzanone, dove si dispiega la “Pista”, un insediamento di baracche e lamiere, il sindacalista racconta di aggressioni e intimidazioni ai lavoratori stranieri. “Invece di condurre la rabbia verso le istituzioni e i vertici della filiera, si stigmatizza il migrante come capro espiatorio del disagio sociale e della mancanza di servizi nella zona”. Secondo Soumahoro “nel comitato degli abitanti, esausti e abbandonati, i neofascisti si sono infiltrati, fomentando l’odio”.

Fonte: Il Corriere della Sera