Mentre in Italia le organizzazioni agricole, inascoltate, chiedono la realizzazione di un piano nazionale per il rilancio del primario, in Francia ha appena preso forma l’”Ambition Bio”: una massiccia strategia che mira a convertire l’agricoltura convenzionale in biologica.
Agli occhi di chi è ben consapevole del blasone internazionale del Made in Italy e della sua rinomata e pregiata qualità, appare del tutto illogico che dall’altra parte delle alpi si sia scelto di mirare con tanto vigore verso un primario più salutare e qualitativo, mentre da noi non si prenda in considerazione neanche l’idea. A differenza di quanto avviene in casa nostra, infatti, in Francia il governo ha fatto una scelta di politica economica e considerato il mondo agricolo come l’asse portante della crescita; ed è con queste premesse che Parigi ha deciso di portare entro il 2020 gli aiuti al biologico da 90 a 160 milioni di euro e di raddoppiare entro il 2017 i terreni agricoli destinati a questo dedicati.
Con questo piano il governo francese non ha solo dimostrato lungimiranza, ma anche coraggio. Infatti non è stato facile convincere gli agricoltori nazionali, da sempre molto forti nelle colture estensive, ad abbracciare questo nuovo progetto, ma c’è comunque riuscito spiegando loro quanto alta sia la considerazione che l’esecutivo ha per il primario.
In Italia purtroppo di tutto questo nemmeno si parla e il mondo agricolo rimane ai margini di politiche industriali fallimentari, inquinanti, e alla fine dei conti anche recessive. L’Europa che immaginiamo per il futuro deve guardare al suo interno e saper prendere spunto dalle idee migliori, da quelle forze sane che ben hanno compreso la centralità che spetterà nel prossimo futuro al vecchio continente; l’Europa che vogliamo deve essere un contenitore di idee e progresso a cui tutti gli stati membri devono poter attingere e a cui devono guardare con attenzione. Ed è qui che il compito dell’Italia nel settore agroalimentare comunitario deve radicalmente cambiare: noi abbiamo tanto da dare e da insegnare in agricoltura, per storia, tradizione e successi, e allora com’è che siamo arrivati a dover provare invidia per quel che avviene da altre parti?