L’agricoltura è spesso dipinta come un fenomeno storico che attraversa, a fasi alterne, le diverse epoche. Molti studiosi, o presunti tali, l’hanno infatti relegata a posizioni marginali e secondarie.
Si è discusso per molto tempo “della società industriale”, “dell’epoca del fordismo”, “della rivoluzione digitale” e “dell’avvento di internet”. Ma la verità è che, ieri come oggi, l’uomo e la terra esistono solo ed esclusivamente grazie al mondo agricolo.
Un chiaro esempio di quanto stiamo dicendo arriva dall’ultima scoperta fatta grazie ad un team universitario della Sapienza di Roma, il quale ha trovato in Libia (presso il sito di Takarkori) delle forme di coltivazione di cereali selvatici risalenti a 10mila anni fa, e cioè addirittura antecedenti al formarsi del leggendario deserto del Sahara che si trova oggi nello stesso luogo.
Tutto questo dovrebbe evidenziare come, nonostante il susseguirsi delle epoche, l’agricoltura non abbia mai abbandonato l’evoluzione del genere umano. Semmai è giusto dire il contrario. Chiediamoci infatti: quanto si parla davvero della nostra alimentazione e delle storie e peculiarità del cibo? E cose sappiamo della capacità di distinguere un prodotto buono da uno che non lo è andando oltre quello che viene scritto sulle etichette?
Tutto questo ovviamente non avviene solo in Italia, ma in tutto il mondo. La differenza è che, quando accade a coloro che vivono nel Paese più salubre e genuino del mondo, significa che l’allarme è ormai diventato da giallo ad arancione.
Non basta riempire la Tv di programmi sui ristoranti o sulle ricette da proporre la domenica in famiglia per fare onore alla storia agroalimentare di un Paese, qualunque esso sia. La verità, e forse è ormai bene dirsela, è che in termini di conoscenze agroalimentari abbiamo dimenticato molti pezzi della storia dell’uomo. E probabilmente, 10mila anni fa, a Takarkori, ne sapevano molto più di noi.