L’ANNO DEI LUPI

Ott 18, 2017 | Dalla Confeuro

Da lontano un rumore assordante annuncia l’arrivo della mandria. Sono quasi 1000 tra bovini, ovini cavalieri, Mandriani, esempi reali di arti e mestieri di un tempo, uno sciame di cani pastore, e poi una grande festa con bambini, bandierine, gadget, alla presenza delle autorità locali e Regionali. Un evento rievocativo che ci trasporta e invita la mente al ricordo delle tradizioni, e come gli allevatori nei tempi che furono gestivano le aziende, con economie dettate da madre natura che in parte, sono ancora attuali: leggasi Alpeggi, altopiano di Asiago.
Sopravvive all’era degli smartphone e delle città digitali il fenomeno della Transumanza e si arricchisce con la partecipazione di umanidi che si mescolano ai cani, che scodinzolano tra le “bestie”. Difficile da credere, ma oggi, come nel passato remoto il nemico numero uno degli allevatori è il lupo.
Le “bestie” oggi si sono modernizzate, super avanzate nella scienza e conoscenza; sembra sappiano tutto all’istante, che non abbiamo più bisogno né di guide ed insegnamenti, né di imparare o ascoltare.
Anche il concetto di branco si è modificato, perché pur sembrando andare unite nella stessa direzione, di fatto non si relazionano, anzi tra loro neanche un riconoscimento, hanno perso il senso di appartenenza.
Anche il lupo è un canide apolide, niente microchip, nemmeno un collare, nessuna certezza, né provenienza.
Quello dell’Italia nord-orientale ha le sembianze dello “sciacallo dorato”, prolifera tra Lombardia, Veneto e Friuli e pur protetto, spesso viene abbattuto. Il lupo ha una grande adattabilità e uno spiccato senso dell’opportunismo, è feroce, meno quando è solo, pericolosissimo in branco.
Tutto scontato, risaputo, nulla da inventare, solo una perplessità: i nostri sono sempre a valle. Più che in cerca, si fanno trovare. Il lupo di per sé suscita timore, rispetto quasi reverenziale, l’ululare è il suo richiamo e con esso comunica con il branco.
Recentemente sono stati avvistati nuovi branchi che scorazzano in lungo e in largo nella Lessinia, e per le “malghe” dell’alta padovana, che minacciano e attaccano, anche i pastori oltre che decimare il bestiame.
Siamo nel comune di Selva di Progno, meno di mille anime, di cui un centinaio a Campofontana dove è stata ritrovata l’ultima carcassa di una mazzetta sbranata. Gli slogan scritti su alcuni lenzuoli appesi anche sui cartelli stradali non lasciano troppi dubbi su chi gli allevatori chiamano alle proprie responsabilità.
«Chi ha portato il lupo è un problema più grande del lupo», rimugina Ciro, quelli della Regione, con la complicità di soggetti che si spacciano per nostri rappresentanti, hanno barattato gli allevatori sull’altare dei contributi che l’Europa elargisce alle Regioni che ripopolano i territori con programmi di reintroduzione dei lupi come animali protetti.
Poi ricorda le parole del nonno “L’ultimo lupo in Lessinia, prima di questo revival, fu ucciso quasi due secoli fa, attorno al 1820: seguirono tre giorni di festa. Oggi ci risiamo”.
Ciro, con altri giovani del posto, hanno costituito una cooperativa impiantando una “stalla senza terra” per allevare animali da carne, utilizzando i fondi per le start-up.
Purtroppo, le cose vanno male, i rimborsi per i recinti di filo spinato e per le trappole arrivano a babbomorto, molti si perdono per strada e quindi non si riesce a fare fronte ai costi e sta andando tutto in malora. Cosi, confessa a se stesso, mendicante in cerca di redenzione per le nefandezze della vita e per madre natura sempre più ingenerosa: non piove da mesi, le falde si sono abbassate, nemmeno l’acqua per gli animali. Ciro è disperato, va avanti perché indietro non può, se lo facesse sarebbe il principio della fine.
Poi ha una specie di sussulto e sbotta a se stesso: “Chi l’avrebbe mai immaginato che avrei avuto a che fare con questi sciacalli, che non hanno né arte e né parte? …….Prima ti salassano e poi rimandano a domani ma intanto si fanno pagare e ti costano più della metà dei contributi promessi. Peggio dei lupi ci provano e ti spennano! Poi un atto di stizza: “Adesso basta, questi sono mimi trasformisti, dicono tanto per poi, sotto sotto, mescolarsi ai cani e agiscono da lupi”. Poi come un fruscio di foglie morte, una voce : “Fra gli animali quadrupedi e vivipari, quelli che sono selvaggi e muniti di denti aguzzi sono tutti carnivori”. Ancora fulmini, tuoni spaventosi e, mentre Ciro cerca un riparo, la voce: “L’estate non ha ancora fine, il caldo torrido persiste, il branco soffriva la fame e moriva di sete. Il capobranco più anziano di tutti procedeva in testa e rassicurava gli altri dicendo loro che presto le cose cambieranno, tutto rientrerà nella norma. Ma alcuni lupi, da tempo insofferenti, si ribellarono dicendo che ne avevano abbastanza di sete, caldo e fame e che preferivano stare con gli uomini. Perché la cosa importante era restare vivi, si fecero catturare e col passare del tempo, diventarono come cani fedeli ai padroni.
Un giorno di alcuni anni dopo, mentre accompagnavano i padroni che si dedicavano anche alla caccia, al comando corsero servili a raccogliere la preda. Ma si resero conto che la preda era il vecchio capobranco. Si azzittirono dalla vergogna. Ma il vecchio parlò e disse: “Io muoio felice perché ho vissuto la mia vita da lupo, mentre voi invece non appartenete più al mondo dei lupi e nemmeno al mondo degli uomini”. La fame e il freddo si combattono e scompaiano, ma la dignità una volta persa non torna mai più.
Nel paese dei miei genitori si dice: “Se ci sono molti lupi gli uomini vengono mangiati; se ci sono molti uomini sono i lupi ad essere mangiati”.