LO SCRIGNO DI PANDORA…..E LE CELATE VERITÀ DI ROUSSEAU (Iniziativa Comune)

Ott 9, 2018 | Dalla Confeuro

Al giorno d’oggi l’espressione vaso di Pandora viene usata metaforicamente per alludere all’improvvisa scoperta di un problema o una serie di problemi che per molto tempo erano rimasti nascosti e che una volta manifestatisi non si possono più nascondere.
Il vaso di Pandora, appartiene alla mitologia greca, ed è stato più volte utilizzato nella cultura moderna, che spesso modifica la leggenda riadattandola al contesto in cui è inserita. Poi entra in scena – Big Brother. Il Grande Fratello s’ispira all’omonimo del personaggio del romanzo Orwell, leader dello stato totalitario di Oceania che attraverso le telecamere sorveglia e reprime il libero arbitrio dei suoi cittadini. Lo slogan del libro Il Grande Fratello è anche del programma televisivo, nel quale gli autori della trasmissione hanno il controllo della situazione nella “casa”.
Ma cosa centra con la politica il Grande Fratello? E Pandora?
Assolutamente niente, se non fosse che pensiamo a quella carta di credito da cui verrà attinta la dota
zione spettante di “reddito di cittadinanza”.
Per gli aficionados di Striscia la Notizia, uno degli inviati, interroga in un video il “Vicepremier – Ministro dello Sviluppo – Ministro del Lavoro” sul “reddito di cittadinanza”, gravato, com’è ormai noto, da perentori divieti legati alla moralità del prodotto che si va ad acquistare.
Tra l’altro l’inviato domanda: visto che i soldi che lo Stato da per il cittadino bisognoso, saranno scaricate su una carta (la memoria storica degli italiani ha l’infausto ricordo della tessera del pane ai tempi di Benito) per poter verificare gli acquisti effettuati, quali sarebbero quelli vietati per manifesta immoralità e quelli, invece consentiti? E giù domande del tipo: sono morali le cozze pelose o quelle nere, il tartufo bianco o quello nero, le pasticche per la lavatrice o il sapone di Marsiglia, le autoreggenti o il collant, e così satireggiando.
Insomma il reddito di cittadinanza è carta di credito da cui verrà attinta la dotazione. Chi sgarra anche in buona fede incorre in un reato. Se le furbizie si fanno più gravi, la sanzione può arrivare fino a sei anni di carcere. Per capire meglio come funziona i fortunati possono verificare un modello perfezionato in una città-stato orientale di cinque milioni e mezzo di abitanti e si chiama Singapore.
Singapore è formalmente una repubblica democratica che ricalca il modello britannico di Westminister, ma in realtà è il primo stato al mondo ad aver realizzato l’ideale, descritto dai guru di Silicon Valley, del governo dell’algoritmo. Con un governo da cinquant’anni nelle mani della famiglia del fondatore Lee Kuan Yew, la città-stato messa nel mezzo della Malesia ha una popolazione ricca e connessa: l’intera vita sociale, dalla passeggiata nelle pulitissime e sorvegliatissime strade dove le telecamere superano di gran lunga gli alberi che le ornano, alla scelta del percorso formativo, alla situazione sanitaria, tutto è patrimonio del sofisticatissimo sistema di dialogo tra – smartphone, i-pad, sensori, gestori di Big data.

Il che fa certamente pulitissime le strade e preserva l’arredo urbano, se distrattamente si butta una carta, o una cicca per strada scatta la sanzione che consiste in una maglia rossa con su scritto “sono un diseducato” da indossare in pubblico per una settimana, ma praticamente abolisce quel residuo velo di privacy che, in un mondo dove già ognuno di noi si porta dietro la scia elettronica persino dei suoi desideri, ci consente di immaginare che qualcosa di veramente nostro nel profondo l’abbiamo conservato.
Un mondo dove persino gli oggetti sono connessi e parlano fra loro e dove buona parte del potere giudiziario viene esercitato non dal giudice ma dal miracoloso algoritmo! Sinistramente sembra una favola nera uscita dalla penna di specialisti dell’horror.
Perché, alla fine della fiera, a Singapore così come in ogni posto dove si celebra l’egemonia dell’algoritmo, resta sempre il problema: chi controlla il Grande Fratello? A Singapore è chiaro: il primo ministro, che dal 2004 è Lee Hsien Loong, figlio di Lee Kwan Yew, fondatore e padre padrone dello Stato.
Anche per noi italiani, non ci sarà più la Repubblica, ma sono in corso le prove per adattarci al modello, meglio conosciuto come “piattaforma Rousseau”?
Nella speranza che ci sbagliamo, suggeriamo a nostro inviato di informare l’intervistato che oggi lo “scrigno” offre ostriche e caviale, mentre guardiamo le onde, che si confondono sul bagno – asciuga della spiaggia del Principato.

Gruppo di Cooperazione e di Proposte