Mentre l’Europa continua a dire un no preconcetto agli OGM, dall’altra parte del globo sta proliferando un mercato denso di opportunità.
Negli ultimi quindici anni gli ettari destinati a queste nuove tipologie di produzioni sono passati da 26 milioni a 160. E a trainare questa nuova economia non sono solo gli Stati Uniti, ma anche dieci tra i paesi più industrializzati e 19 tra quelli in via di sviluppo.
Quel che è davvero incomprensibile è che a questo no alle sperimentazioni di qualsiasi genere e tipo, corrisponde anche una importazione piuttosto massiccia di materia prima OGM per soddisfare la cronica mancanza nel vecchio continente di mais e soia, necessari per produrre numerosi prodotti Dop tra i quali formaggi e prosciutti.
Con questa schizofrenia piuttosto marcata, la politica agricola europea non evidenzia particolare lungimiranza, ma palesa anzi grandi deficit innovativi dei quali il primario continua ad essere vittima.
Il gioco dei si agli OGM da una parte, e del no agli OGM dall’altra, frena la conoscenza e pone gli agricoltori europei nella condizione di dover subire senza possibilità di replica quel che viene fatto e deciso dall’altra parte del mondo, quasi come quanto avvenuto tre anni fa con lo scoppio della crisi economica.
Il presupposto fondante di ogni ragionamento è quello di avere gli elementi essenziali per analizzare, capire e decidere. Noi non siamo per gli OGM, ma nemmeno contro. Siamo per studiare i vantaggi e i difetti di questo nuovo mercato, per consentire al settore agricolo di guardare avanti con serenità, in sintesi, per la conoscenza.