Siamo a dieci. Ancora una volta l’Aquila si è fermata nel suo dolore per ricordare le vittime innocenti del terribile terremoto della notte di Lunedì 6 aprile 2009. Fiaccole che percorrono le strade intorno alla quali sono morte intere famiglie, studenti universitari, anziani, adolescenti e ragazzi che speravano in un futuro ricco di conoscenze, in una vita migliore!
Come in ogni dove, in ogni luogo, quelli dei Palazzi sono lì, sempre davanti a tutti, anche se il dolore, le lacrime, i momenti struggenti appartengo a quanti gridano in silenzio: “Ogni notte mi sveglio alle 3.32”.
In primo piano, accanto al Sindaco dell’Aquila, il Presidente Conte ed altri personaggi della politica.
Rompe il silenzio Conte. “Sono già stati stanziati tre miliardi distribuiti alle Regioni, per il prossimo triennio sono previsti 11 miliardi. Abbiamo inserito alcune norme per la ricostruzione nel decreto sblocca-cantieri, approvato due settimane fa, il Governo ha nominato il Commissario straordinario e sta monitorando i problemi legati alla Ricostruzione”.
Senza indugio, alle facce dei soliti “commedianti”, noi preferiamo ascoltare la voce di Silvia, docente impegnata in quel puntino di terra, ad insegnare la Storia i fatti e le circostanze ai giovani studenti più fortunati.
Silvia con franchezza ci racconta la realtà che vivono gli studenti ancora oggi, 10 anni dopo il terremoto. «Facciamo lezione ancora nei container». Per Silvia il sisma si è chiamato Filippo. Come il nome del compagno di scuola di suo figlio, morto sotto le macerie. «Non potevo accettare che la vita di un ragazzo di 16 anni finisse così. È stato quando mio figlio mi ha guardata e mi ha detto “Mamma, Filippo è morto”, che ho capito che nemmeno l’Aquila ci sarebbe più stata davvero». Di quella notte, Silvia ricorda ancora ogni istante. Come tutti gli aquilani, che alle 3.32 continuano a svegliarsi. Ogni notte. Quando il terremoto spaccò in due la sua terra alle 3.32 di dieci anni fa. Il 6 aprile, 309 vittime, oltre 1500 feriti e un numero imprecisato di sfollati.
«Quell’ora ci è entrata dentro, nel cuore e nell’anima», mentre si prepara per la fiaccolata, Silvia: «Non dimentico la voce di mia figlia mentre mi chiamava, poi suo fratello che dal piano sopra al nostro chiedeva: “Papà quando finisce”. Ho temuto che sarebbe crollato il soffitto e lui sarebbe volato sopra di noi». Invece la casa di Silvia ha retto. «Forse anche per questo non riuscivo a realizzare quello che era davvero accaduto. Ho provato ad accendere la luce ma non c’era già più (….). Pochi giorni dopo il terremoto abbiamo chiamato i nostri alunni e ci siamo ritrovati nella tenda del capo tendopoli. Erano pochi, senza zaini, senza niente, con ovetti di Pasqua al cioccolato. Ricordo il silenzio e gli sguardi attoniti».
È stato ancora più difficile, pochi mesi dopo, riprendere le lezioni dentro ai container. «Li chiamano: “Moduli ad uso scolastico Provvisori”, ma sono scatole di latta. Entrare lì dentro è stato molto più difficile, noi insegnanti ci siamo resi conto di cosa era accaduto». Dieci anni dopo, Silvia e gli insegnanti dell’Aquila svolgono regolarmente lezione ancora lì dentro. «Sono usurati, hanno una resistenza di massimo cinque anni e ne sono trascorsi il doppio. Ci sono infiltrazioni, tetti che si avvallano, grondaie che si rompono, fogne che si tappano. Nessuna struttura per l’attività motoria, biblioteche, refettori. Perché ancora nessuna scuola è stata ricostruita?».
Poi precisa che non è un problema economico. “Dopo il sisma sono stati stanziati 43 milioni di euro, ma gli unici edifici scolastici rimessi in piedi sono due istituti privati!”
«L’Aquila, dopo il sisma, poteva diventare un modello di ricostruzione a livello europeo, anche perché i danni furono valutati in 10 miliardi di euro, invece … per salvare le Banche ne occorrevano 20 – immediatamente reperiti!
Un’onda di luce disegnata dalle fiaccole per le vie dell’Aquila nella notte del decennale del sisma che ha causato la morte di 309 persone. In corteo non solo i familiari delle vittime dell’Aquila. Con loro anche le persone colpite da altri disastri, da Amatrice a Rigopiano, dall’Emilia a Viareggio, a San Giuliano di Puglia. Un decennale che ha riacceso i riflettori sulla città che mostra tutte le ferite del terremoto.
“Abbiamo il dovere della memoria – ha detto il presidente del Consiglio, alla partenza del corteo. Ci sono tante persone che hanno perso i loro cari che rivivono in questo momento una grande sofferenza. La mia presenza qui è la testimonianza che la ferita della comunità locale è una ferita della comunità nazionale”.
Una presenza importante del capo del governo italiano, sottolineata da RAI uno che in contemporanea allietava i telespettatori con la famosa “corrida” – dilettanti allo sbaraglio –
A chiudere la commemorazione, dopo la lettura di tutti i nomi e la messa, sono stati anche quest’anno i 309 rintocchi della campana della chiesa di Santa Maria del Suffragio , che nel 2009 divenne uno dei simboli della città distrutta.
Ci sono angoli dell’Aquila che sono piccoli muri del pianto, con i fiori e le foto di chi non c’è più. Lei era Carmelina , con il suo sorriso che le sue amiche fanno rivivere in questa notte. E c’è anche Nicola e gli altri, portati via dal terremoto “segni senza tempo”, testimoni per sempre delle nostre strumentali negligenze di circostanza.
A.M.I.CO
La Segreteria