Sono un ragazzo, un po’ meno ragazzo, a 45 anni mi sono perso. Come non mai questo mondo ha preso a correre con una velocità che neanche immaginavo. E cosi mi sono perso e non solo io, anche il lavoro e tutto il resto. Non mi è chiaro però se tutto questo è successo solo a me, oppure ci sono dentro anche gli altri. Meglio sentire in giro e poi valutare, anche se la situazione appare confusa, ma come diceva mio nonno “la speranza finisce quando tu sei già finito”.
Poi mi è venuto in mente “il reddito di cittadinanza”, una forma di sussidio che offre il suo Governo. Le confesso Onorevole Vice Presidente e Signor Ministro che non ho ben capito cosa bisogna non fare per ottenerlo. Solo un momento di incertezza, subito mi sono rimboccato le maniche e ho cominciato a bussare a tutte le porte, a fare colloqui su colloqui, prove di lavoro, spesso nemmeno retribuite. Ma adesso non ce la faccio davvero più.
La speranza s’è trasformata in delusione, rassegnazione, disperazione. A poco a poco ho cominciato a spegnermi. L’allegria e la voglia di stare insieme agli altri hanno lasciato il posto alla tristezza e alla solitudine. I risparmi servono a pagare le bollette, le tasse e il sostentamento quotidiano.
Sono stanco. Il tempo passa e nessuno ti chiama. È umiliante. Mi accontenterei di un lavoro modesto, onestamente pagato.
Non ho più interesse per nulla. Non riesco a uscire da questa situazione. Né mi vergogno ad ammettere che ho accarezzato l’idea di farla finita, ma sto continuando a cercare.
Tutti dicono che da noi la giustizia non fun¬ziona e i processi durano un’eternità e si dice addirittura che sia finita la giustizia civile. Non ci credo perché ho letto sulla stampa che la giustizia ha emesso una sentenza in cui si costringe una coppia a pagare una mul¬ta salata perché il cane ha ab¬baiato una manciata di secon¬di più del consentito. Anche una donna che aveva steso i panni dal balcone al di sotto della soglia concordata con l’appartamento sottostante ha dovu¬to pagare il conto con la giu-stizia: questa non è una barzelletta, è vita vera Italiana. Siamo un Paese litigioso che si lamenta sempre delle inva¬sioni di campo delle istituzioni, ma con¬temporaneamente ci rivolgiamo alla politica sia per le inezie che per le cose importanti.
Visto che ho tempo da vendere, Onorevole Signor Vice Presidente ho appreso dalla televisione che Lei e l’altro capo decidete e disfate a piacimento, poi mi è sembrato tutto un po’ più chiaro dopo le visite incrociate al Vinitaly, le dirette incrociate in Tv, dopo i messaggi incrociati via social network, segnali di fumo e piccioni viaggiatori che ciò che la unisce al capo leghista è lo slogan “posso ma non voglio”, anzi “possiamo ma non vogliamo”. Posso ma non voglio rompere l’alleanza di governo, posso ma non voglio provocare la fine della legislatura, posso ma non voglio studiare soluzioni diverse.
Scusi Onorevole Signor Ministro, a me sembra che il lavoro è una soluzione, anche Francesco sostiene che proprio il lavoro è ”sacro”! “Lavorare è insito della persona umana ed esprime la sua dignità, la gestione dell’occupazione è una grande responsabilità umana e sociale, che non può essere lasciata nelle mani di pochi.
Il lavoro comporta grandi responsabilità per coloro che hanno in mano le leve del potere.
Ricevuta da un amico!
Cordialmente.