PICCOLI PRODUTTORI DI CIBO

Lug 25, 2019 | NEWS

Sono in corso esperimenti che guardano al futuro della storia dell’uomo. Si pensa a futuri insediamenti umani sulla Luna. D’altronde se bisogna viverci per qualche tempo occorrerà pure capire come poter bere, mangiare, respirare e proteggersi da eventi estremi. 

Naturalmente, l’Italia è impegnata nella costruzione, con altri paesi, di un avamposto sulla Luna per compiere il grande balzo verso Marte. La NASA e altre agenzie spaziali, preoccupate dalle quantità di cibo da trasportare dalla Terra per gli astronauti, hanno lanciato un concorso per individuare le migliori idee in grado di rendere possibile la coltivazione nello spazio. In particolare l’attenzione dell’agenzia spaziale si è rivolta ai metodi di agricoltura verticale da realizzare a bordo di veicoli e stazioni spaziali. L’obiettivo, non da poco, è di riuscire a creare un sistema completamente automatizzato e in grado di far crescere e raccogliere frutta e verdura senza alcun intervento umano. Un team di ingegneri e botanici della NASA sarà quindi responsabile per la scelta delle 15 proposte più promettenti da sviluppare.

Certamente tutto molto interessante, ma prima di mettere mano alle tecnologie futuristiche vediamo da noi come siamo messi, sia in termini di sostenibilità ambientale, che a livello più concreto della produttività. 

Di recente l’inserto –Agricoltura Oggi – (Italia Oggi) – riporta i dati del CREA (il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e Analisi Economia Agraria) che  impietosamente indicano come il nostro Paese non sia lontano dalla soglia di desertificazione.

L’elemento portante è il carbonio organico, di cui sono carenti e degradati il 40% delle terre italiane e le aree più inaridite sono proprio quelle che, nei decenni passati, sono state sottoposte a colture intensive.C’è però un neo incomprensibile, l’analisi del suolo nel nostro Paese è oggi affidata ad ogni singola azienda in funzione delle sue specifiche esigenze di coltivazione senza una visione generale e unitaria legata allo sviluppo dei suoli che, peraltro, degradano molto velocemente in assenza di pratiche agrarie più avanzate.

Dalla ricerca è emerso che “maggiore è la dimensione dell’azienda agricola e maggiore è la probabilità di adottare soluzioni di agricoltura 4.0”. In buona sostanza alla luce dei dati relativi alle dimensioni aziendali hanno un futuro solo la maggior parte delle aziende agricole del Nord Italia.

I dati del CREA configurano forti responsabilità di quanti hanno gestito la cosa pubblica, impedendo di fatto al centro, isole e meridione di agganciare il treno delle Politiche digitali che da diversi anni passano sotto il nome di Agricoltura 4.0. Quindi, anche alla luce dell’indifferenza dei ministeri, che dovrebbero essere parte attiva e propellente per il sistema agro-alimentare italiano coniugando proposte, progetti e prospettive anche per chi non ha beneficiato dei lauti fondi legati al Digitale, se ne deduce, che per l’80% delle aziende nostrane il domani sarà compromesso.

Un agricoltore: “Segnalo  che qui la situazione è sempre la stessa. I prezzi pagati agli agricoltori sono sempre bassi e bisogna aspettare i due soldi comunitari per non fare la fame. Non mi pare dignitoso. C’è poco da stare allegri. Vedo nell’agricoltura italiana tante possibilità irrealizzate. Il prezzo del grano battuto alla borsa oggi è lo stesso di 30 anni fa, con la differenza che con la stessa somma all’epoca ci viveva la famiglia, oggi difficilmente ti ci danno una birra”.

Ecco la ragione per andare su Marte.