SCUOLA, COSTITUZIONE…GOVERNO

Apr 4, 2018 | Dalla Confeuro

Alcuni politologi stanno analizzando le volontà espresse dagli italiani nelle urne del 4 marzo. Più̀ che i vincitori, il dito l’hanno affondato nelle ferite dei vinti. Ad occhio nudo la ferita più̀ profonda, sembra non più̀ rimarginabile. Lotte intestine, trame oscure, voglia di potere, sono gli ingredienti che bollano nel pentolino di quel che resta del PCI.
Anche la gloriosa DC, appare e scompare in programmini dei rivoletti che si sono formati quando il grande fiume è straripato sotto i colpi di un pm che per ironia della sorte si è imbarcato in politica, con soddisfazioni altalenanti.
Cespugli e giardinetti sparsi per lo Stivale, sembrano più figli orfani che nipotini della quercia e della vecchia Balena.
Atteso che in circolazione ci sono più congreghe che cosiddetti – art. 49 – partiti, occorre trovare un rimedio a quel che resta dei soldatini.
Sperare di fare breccia sul vago o sul semplice dissenso, è un errore che in tanti hanno pagato proprio il 4 marzo.
Senza un progetto serio, concreto di ampio respiro, non ci sono simboli e colori che tengono. Prima di tutto l’Italia dei cittadini che sono esausti di sentire annunci, vedremo o faremo.
Difronte al nulla, alle carenze, alle scarse conoscenze, l’unico percorso da suggerire è il ritorno alla Scuola, per elaborare una proposta politica basata sulle certezze e quindi faccia la – differenza – per un nuovo modo di governare il Paese.
In primo luogo perché è la grande assente nel modello di sviluppo dei vincitori, che hanno raccolto solo la protesta della gente comune.
L’Italia ha un problema enorme con l’educazione delle persone e la mancanza della formazione del capitale umano è una gravissima carenza atavica e strutturale. C’è tra l’altro un problema con la spesa scolastica, che per tutta la durata della crisi è andata sempre più diminuendo, facendo dell’Italia uno dei Paesi europei che spende meno in istruzione. Abbiamo un problema con l’istruzione superiore: scarse. Siamo a livello del Sud – America.
Si chieda a Bruxelles che gli investimenti in formazione devono essere scorporati dal calcolo della spesa pubblica, pertanto fuori dai vincoli di bilancio. Diversamente vale lo slogan “sei e sarai sempre quello che nasci”
La scuola è l’antidoto dell’ignoranza che insegnano i network e trasmettono i dispositivi che vanno su internet. Questa è una proposta a chi è capace l’onore di farne un programma, che dovrà partire dalle strutture e dalla qualificazione del personale docente. Continuare a sacrificare ciò che ci dovrebbe illuminare sull’altare dell’insipienza e della presunzione è il modo peggiore per affondare tutti nelle sabbie mobili “ignoranti”.
Poi ricordiamoci di una Costituzione mai applicata del tutto. Specie negli ultimi vent’anni. Un giovane maggiorenne non ha mai vissuto un giorno della sua vita sotto una Repubblica; né ha mai conosciuto una Costituzione.
Tutti inutili o bamboccioni, intanto:
“L’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale…”. Infatti. Da un giorno all’altro, la principale industria del Paese è stata presa e trasferita all’estero. “Per non pagare tasse in Italia”.
“La scuola è aperta a tutti. L’istruzione è gratuita…”. ma quella pubblica è inesistente.
“L’Italia ripudia la guerra…”. Certo. Infatti abbiamo bombardato e mandiamo truppe in mezzo mondo (nel ‘900, cinque guerre in quarant’anni) e invece di acquedotti e argini facciamo portaerei e bombardieri.
“La bandiera della Repubblica è il tricolore…”. Il capo di uno dei partiti che anelano al governo – del tricolore voleva farne altro uso.
“La Repubblica tutela il lavoro…”. Purché malpagato, precario, e a totale discrezione del padrone.
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia…”.
Famiglia? Prova a fartene una, senza sapere con che camperai alla fine dell’anno.

C’eravamo dimenticati di tutto questo. “Politica, politica, che ce ne importa?”. Ed eccoci qui, con il Sud alla fame e il Nord che ogni giorno che passa diventa sempre più Sud.
Forse, anzi è proprio ciò che manca è il senso del rispetto tra chi vota e chi dopo il voto dimentica chi l’ho ha votato.