Da più parti siamo in tanti a rivendicare una politica che approfondisca i temi delle tante realtà presenti nel Paese. Forse non siamo perfetti, se per Paese intendiamo l’intero perimetro geografico senza scorciatoie o dimenticanze. Ma ci sono altri che sostengono, a torto, che l’Italia è sempre stata considerata divisa praticamente in due.
Qualcosa di vero indubbiamente c’è. Le ricche aziende agricole del centro-nord hanno un altro passo, dimensioni minime intorno ai 50 ettari, colture altamente specializzate, producono l’85% del latte vaccino e molte imprese zootecniche sono senza terra. Calamità atmosferiche e alluvioni permettendo, i conti aziendali sono corposi. Così come sono corposi ed opulenti i contributi comunitari e non. Non solo latte, mais, soia, kiwi, frutteti e vigneti. Se aggiungiamo un po’ di grano è fatta. Un discorso a parte meritano le orticole con al primo posto il pomodoro destinato alla trasformazione industriale.
Non si può che prendere atto che da Firenze in su c’è l’autosufficienza alimentare, con prodotti di assoluta eccellenza, riconosciuti a livello internazionale come il “parmigiano, il grana”, e tante altre prelibatezze. Per finire, si fa per dire, nel campo agroalimentare, i migliori impianti per la lavorazione e la trasformazione industriale sono nel nord-ovest e nel nord-est.
Per tirare un tratto di penna, fermiamoci all’80% di tutto ciò che AGEA distribuisce sopra la capitale come fondi comunitari, senza dimenticare le “restituzioni” all’EXPORT.
L’altra Italia comincia da Roma in giù. Per coerenza la capitale del mondo e il suo comprensorio vanno tenuti fuori da ogni tipo di riflessione, anche perché non sempre quelli di Roma, sono estranei a terremoti giudiziari. Nonostante Garibaldi e Vittorio Emanuele a Teano si siano impegnati allo spasimo, lo Stivale è rimasto tagliato in due. Qualcuno sostiene che è colpa della “sega” altri di chi l’ha inventata.
Resta il fatto che nella nostra porzione di Stivale si vive male. Noi non possiamo e non dobbiamo tacere, l’omertà ha sul groppone migliaia di morti, caduti per una causa ignota, o molto nota al punto che a tanti è convenuto tacere.
La nostra terra è di tutti e tutti, o quasi, devono l’esistenza alla Terra. Qui si coltiva anche quando il sole picchia e si registrano 45° all’ombra … qui da noi sono tutti anziani, ma quasi tutti continuano a lavorare curvi, sempre più curvi, perché da queste parti c’è un detto: “Aiutati che Dio ti aiuta”.
Noi giovani, di fronte a queste cose, dovremmo riflettere, anche se qui Dio non è passato e le “madonne” sono disoccupate. Gente semplice siamo noi, gente che non chiede niente, se così non fosse non saremmo del Sud Italia, anzi non saremmo proprio italiani. Senza i “coraggiosi” come avrebbero giustificato i miliardi della “Cassa del mezzogiorno” per programmi mirati e mai realizzati?
Qui nel Sud un fallimento è niente, né tanti fallimenti rappresentano novità, noi viviamo di “sfasci”, dalle carrozze alle Ferrari, dei capannoni enormi, degli ospedali iniziati e mai finiti e delle costruzioni innovative con il tetto scoperto.
Anche a scuola mancano “gesso, lavagna e cassino”. Insomma, qua è un altro mondo, o meglio un altro “Stato”. Siamo finiti dalla parte ci coloro che sono classificati come nullafacenti, inutili, prestanome, disoccupati per strategia e inoccupati per convenienza. Degli uomini che si accontentano di tutto e di nientee e che si rattristerebbero se qualche spicciolo arrivasse per opere pubbliche.
E allora: egregi signori, emeriti giudici della Corte, noi giovani, meno giovani e qualche anziano sopravvissuto alle torture dei 500 euro, rivolgiamo reverenda e timorosa:
ISTANZA
Di una “BREXIT” per uscire dall’Italia. Chiediamo che al Referendum di OTTOBRE possiamo per una volta esprimere il nostro pensiero con il voto.
Qui il sole è l’unica autorità che conosciamp, non abbiamo un governo, né mai “quelli di palazzo Chigi” si sono resi conto che ci siamo anche noi. Siamo stati tagliati fuori da tutti e da tutto, eppure siamo una comunità di artigiani, commercianti, contadini, donne laboriose e molti di noi vivono per proteggere la natura, salvaguardare l’ambiente e la biodiversità.
A questo punto allora consentiteci di trovare, anzi, di ritrovare, una patria, di ritrovare le ragioni che hanno spinto i nostri padri a morire sul Piave. Altrimenti avranno ragione i nuovi padrini che con premura e gentilizia ci stanno spingendo sempre più in giù e che, per consolarci, ci dicono: almeno così sarete al Nord di qualcosa.