UNA GABBIA….UN UOMO LADRO (Iniziativa Comune)

Giu 12, 2018 | Dalla Confeuro

In una gabbia di sbarre ritorte, in mezzo a due ali di folla passa un uomo destinato a morire, condannato senza appello perché ha gridato: “Vorrei essere libero” e poi ha replicato “libero come un uomo. Vorrei essere libero, come un bambino che ha di fronte solamente la natura, mentre in un bosco cammina con la gioia di inseguire un’avventura e inconsapevole della sua libertà”.
Chi pensa sia finzione, lasci le cose come sono, vada per la sua strada senza girare la testa di lui e di se lo tenga per sé.
Questa non è una favola, né un semplice racconto, ma uno squarcio moderno di vita, agreste dove è tutto un cantare silenzioso, come il paradiso della “felicità”. Senza rumore il carro passava, molti curiosi sono in attesa dello straordinario evento.
Sembra proprio vero, che molti, uomini hanno scambiato la dignità per felicità che è messa al centro e come fulcro del costituzionalismo attuale. La nostra Costituzione nomina la dignità a diversi propositi. La Legge fondamentale tedesca inizia proclamandola “intangibile”. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1948 si apre con la considerazione che “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.
Non c’è Costituzione o Dichiarazione internazionale sui diritti umani che, oggi, non renda omaggio alla dignità umana. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 2000 inizia, per l’appunto, dalla dignità inviolabile, sviluppandola in diritto alla vita, divieto della pena di morte e diritto all’integrità della persona.
“Facciamo schifo al ministro dell’Interno, ma abbiamo rispetto per le istituzioni e quindi lo affronteremo”. Così Ilaria Cucchi, sorella di Stefano – il ragazzo arrestato e morto in caserma nel 2009 dopo aver subito lesioni su tutto il corpo – con un post rivolto al Ministro degli interni, difensore delle forze dell’ordine anche nei casi più controversi, quando privati cittadini avevano subito violenze ed angherie dagli uomini in divisa. Il neo Ministro in passato disse che Ilaria Cucchi si sarebbe dovuta “vergognare”, parlando di un post da lei pubblicato (“mi fa schifo”, aggiunse il leader leghista) nel quale pubblicò la foto di un poliziotto che si era vantato di aver pestato il fratello. Scrive oggi Cucchi, rivolgendosi idealmente al fratello: “Dobbiamo portare rispetto per le istituzioni che rappresentano. Li affronteremo a viso aperto Stefano. Parleremo con loro. Ora rappresentano lo Stato perché così si è voluto. Li inviteremo ad un pubblico dibattito che sicuramente non accetteranno mai. Perché sono troppo importanti e non si abbasseranno a questo e perché è più comodo offendere ed infangare gli ultimi che non si possono difendere dal palco delle conferenze stampa o dei social ma sempre evitando di confrontarsi con loro”. E poi, ancora: “Siamo danni collaterali in questo Paese i diritti umani sono il problema. Non la corruzione. Non la criminalità organizzata. Che dici Stè andiamo a fare un salto al Ministero per parlare con loro? Ti porto con la mia maglietta perché tu non ci sei più ed è solo colpa tua. Ma perché ti sei fatto pestare fino alla morte?”. Intanto al processo Cucchi bis, è emerso che alcuni verbali vennero falsificati. Quanto ai pestaggi subiti da Cucchi e che provocarono la sua morte, il mese scorso un carabiniere depose al processo riferendo di aver saputo che il giovane era stato “massacrato di botte”.
La dignità, ovunque sei, come valore intrinseco, richiama ogn’uno alla responsabilità verso gli altri.
La dignità è indivisibile. La dignità non ci può essere senza reciproco e uguale riconoscimento. Ma la dignità è spesso solo una parola. Milioni di esseri umani, nei luoghi di carestia e di guerra, nascono e muoiono frettolosamente, passano e non lasciano orme. Come se neppure siano venuti al mondo. La dignità d’un essere dovrebbe implicare, come minimo, che ci si accorga della sua esistenza, ch’egli possa lasciare una traccia del suo passaggio nella società. Anche se i profeti del consumismo non lo contemplano, questo “accorgersi di lui” come persona, e non solo come numero impersonale adatto solo ad entrare in qualche statistica, non è forse il diritto “più fondamentale” di tutti gli altri diritti? Se non in teoria, almeno in pratica, l’atteggiamento che prevale nel nostro mondo ricco, civile e sviluppato non è forse quello fatalista di chi pensa: la dignità è una cosa meravigliosa, non tutti però se la possono permettere?
Si apre la gabbia, il boia è pronto, la folla è in delirio, l’uomo bendato scende, dritto sul busto, non piange, non si lamenta, chiede solo : “toglietemi la benda”. Dalla folla qualcuno aizza il boia, altri preferirebbero linciarlo. Al grido cosa hai fatto pentiti, forse il nostro Signore ti fa la grazia? Cala un silenzio, un brivido di freddo, sguardi spenti, il nobile rispose, “sono un ladro di dignità”!!
In questo lembo di mondo, prevarica la teoria degli opposti, che ci spinge l’uno lontano dall’altro, il tempo ci ha mutati e, forse non ci rivedremo mai, per questo dobbiamo diventare più degni di noi!»