L’AGRICOLTURA BIO VALE 1,9 MILIARDI E PUÒ SALVARE MILIONI DI VITE

Ott 26, 2017 | Dalla Confeuro

“Non siamo ex pubblicitari hippie che hanno deciso di cambiare vita e fissano il campo in attesa che la frutta maturi. Siamo un comparto formato per il 66% da laureati e diplomati con una produzione nazionale annua che vale 1,9 miliardi euro: l’agricoltura biologica è una cosa seria, fatta di studi e ricerche, ma è fondamentale per il nostro futuro”. Roberto Pinton è probabilmente di parte perché quando parla porta il cappello di segretario generale di Assobio, ma la sua è una scelta di vita precisa: “Facevo il consulente d’azienda, ma mi chiedevano solo di aumentare i margini, l’utile, mai come fare le cose meglio. Invece una soluzione c’è e i consumatori ne sono consapevoli: è in atto una conversione dell’economia in chiave sostenibile”.
I numeri del biologico in Italia ne sono la dimostrazione: nel 2016, la domanda di prodotti sostenibili ha superato i 4,7 miliardi di euro e sono stati acquistati – almeno una volta – dal 78% delle famiglie. La distribuzione è cresciuta nell’ultimo anno del 10% contribuendo per il 40% all’aumento delle vendite alimentari. Nel frattempo il 14% della superficie agricola nazionale è stata convertita a bio, un dato non lontano dal 20% di Austria e Svezia, ma che proietta l’Italia al secondo posto tra gli esportatori globali. D’altra parte le aziende sono 72mila (erano 4mila nel 1990) e occupano 300mila addetti per un giro d’affari interno di 3 miliardi di euro.
Delle potenzialità del settore si è accorto anche il governo che ha definito l’agricoltura biologica “attività economica di interesse nazionale”, ma i vertici di Assobio insistono per portare l’attenzione sui benefici nel lungo periodo: “Sono i consumatori a decidere quale prodotto sia più buono, ma togliendo la chimica dalle coltivazioni possiamo dare un futuro alla terra e salvare milioni di vite dall’inquinamento” dice Pinton.
Basti pensare allo scandalo dell’Atrazina: un diserbante che prima di essere vietato in Italia nel 1992 ha avvelenato le falde acquifere del Paese. A rendere l’acqua potabile contro il parere del Tar e della Cee intervenne l’allora ministro Carlo Donat-Cattin che per decreto moltiplicò per 10 i limiti previsti per legge. Una decisione scellerata di cui ancora oggi si pagano le conseguenze: “L’Atrazina si trova ancora nelle acque, come come il Ddt che pure non si usa da decenni” denuncia il segretario di Assobio. Così come nel 63,9% di acque superficiali e nel 31,7% delle acque di falda (dove pescano gli acquedotti) sono ancora presenti pesticidi: “La colture bio non usano la chimica che invece impesta il territorio. Con la ricerca e lo studio cerchiamo di mettere una pezza ai danni del passato” assicura Pinton.
La vera sfida sarà quella di conquistare i consumatori più diffidenti, ma anche abituarli a prodotti diversi perché la legge impone la rotazione delle colture per “nutrire il terreno” e l’assenza di pesticidi spinge gli agricoltori a scegliere varietà più resistenti. Certo, resta il sospetto che sfruttando il boom del “bio” tanti cerchino di approfittarne, ma da un lato Assobio confida nel ruolo della grande distribuzione che non può permettersi scivoloni d’immagine così pericolosi (sugli scaffali della gdo i prodotti bio sono il 6%, mentre la produzione agricola è al 14% del totale, ndr), dall’altro i controlli sono severi: ogni operatore riceve, in media, 1,3 controlli l’anno con prelievi a campione. Nelle aziende convenzionali i controlli sono più morbidi e le frodi più comuni.
Nel 2016, tra i prodotti Dop e Igp, l’Ispettorato centrale repressione frodi ha rilevato il 22,9% di campioni irregolari e nell’ambito dei vini Docg, Doc e Igt il 35,2% degli operatori aveva irregolarità: tra gli operatori biologici quelli fuori norma erano il 7,4%. “Certo – conclude Pinton – le ispezioni non bastano e così da un paio di anni, per le filiere più rischiose – dai cereali alle granaglie dagli olii d’oliva al pomodoro da industria – abbiamo avviato dei sistemi informatici di tracciabilità che registrano ogni passaggio di questi prodotti tra gli operatori, rendendo di fatto impossibile ogni operazione non legittima”.

Fonte: La Repubblica