E’ paradossale ma vero: oggi l’agricoltura italiana la si ama più fuori che nel Bel Paese e i dati sull’export del 2013 lo dimostrano. Il valore del Made in Italy di oltre confine è pari a 33 miliardi di euro; in Asia ne vanno matti (+8%), ma anche negli Stati Uniti (+6%) e nell’Ue (+5%) non scherzano.
E in Italia invece? Nemmeno a dirlo. L’agricoltura trova spazio nell’agenda di governo solo nei ritagli di tempo. Forse è per questo che molti di noi si sono emozionati quando l’hanno sentita nominare nel Job Act del Partito Democratico. E’ bene precisare che da qui a credere che effettivamente verrà fatta qualcosa per il primario ce ne passa, ma al livello in cui siamo bisogna sapersi accontentare anche di poco.
La domanda vera però è la seguente: perché all’estero sì e in Italia no? Cosa hanno fatto di male gli italiani per non poter essere i primi a godere delle bontà che solo un paesaggio e un clima come il nostro possono regalare? La risposta non la sapremo mai purtroppo. Infatti ogni volta che qualcuno pone questo semplice quesito cominciano gli sproloqui politichesi senza senso e nessi logici e si finisce a parlare dello spread o di qualche altra parola conosciuta da poco.
L’agricoltura di oggi, purtroppo, è un po’ come i nostri ragazzi: pieni di talento, potenziale e voglia di fare. Ma senza nessun aiuto, triste e amareggiata, e infine, costretta ad emigrare.