LETTERA APERTA AI FRATELLI BARILLA: SCRIVETE IN ETICHETTA L’ORIGINE DEL GRANO DURO UTILIZZATO PER LA VOSTRA PASTA. LO CHIEDONO I CONSUMATORI.

Ago 1, 2017 | Dalla Confeuro

Alla luce delle recenti decisioni prese con una certa imperizia dal ministero delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico che obbligano i produttori di pasta a inserire l’origine del grano in etichetta, Il Fatto Alimentare ha inviato questa lettera ai fratelli Barilla, chiedendo di dare il buon esempio aggiungendo queste informazioni sulla confezione, come viene fatto da anni per la pasta Voiello (marchio di proprietà Barilla). Solo così sarà possibile superare gli improbabili obblighi legislativi decisi dai ministri e anche le manovre lobbistiche che accusano i produttori di renitenza e che servono solo a screditare la pasta italiana. Un appello simile è stato inviato anche all’Aidepi l’associazione di categoria che raggruppa i più importanti marchi del settore.
Gentili Paolo e Guido Barilla,
da anni chiediamo alle aziende produttrici di pasta di indicare in etichetta l’origine del grano duro utilizzato. Lo abbiamo fatto nel 2014 dopo avere ricevuto da voi e da altre aziende come Divella, Garofalo, De Cecco, la Molisana… la conferma della necessità di utilizzare una parte di grano duro canadese, francese, australiano… per fare la “migliore pasta del mondo”. In questi mesi Coldiretti, insieme ad altre lobby di minore profilo, ha impostato campagne mediatiche contro il grano importato, lanciando accuse prive di riscontri che però hanno influenzato molto l’opinione dei consumatori. La lobby degli agricoltori, pur utilizzando metodi discutibili, ha focalizzato l’attenzione su una legittima richiesta: sapere da dove arriva il grano duro.
Voi sapete che si tratta di una richiesta legittima, tant’è che dal 2014 la pasta Voiello, marchio di vostra proprietà, riporta l’indicazione dell’origine del grano sulla confezione ed è un elemento di pregio. Perché non fare la stessa cosa per la pasta blu Barilla?
Alcune aziende hanno promosso iniziative e campagne pubblicitarie in cui rivendicano l’uso di grano straniero per produrre un ottimo prodotto. C’è da chiedersi perché questa informazione non sia ancora presente sulle etichette. Questa scelta dà spazio ai detrattori della pasta italiana e alle lobby per criminalizzare il grano di importazione che voi sapete essere indispensabile. Barilla come leader di mercato ha il dovere morale di iniziare a dichiarare volontariamente l’origine del grano in etichetta. Dopo, gli altri marchi seguiranno. Aspettare non ha senso.
Conoscere l’origine della materia prima è anche un obbiettivo dei ministri delle Politiche agricole e dello Sviluppo economico, che pochi giorni fa hanno varato un decreto per imporre alle aziende l’indicazione obbligatoria sulle etichette entro 180 giorni. Il decreto probabilmente incontrerà molti ostacoli a livello europeo e non avrà vita facile, per cui non va considerato come il principale elemento di riferimento. Il decreto può essere solo una buona occasione per cambiare in modo volontario le regole.
Vorrei concludere ricordando come due anni fa vi abbiamo invitato a sostituire l’olio di palma dai prodotti Mulino Bianco. Apparentemente non avete preso in considerazione il nostro appello, salvo poi cambiare frettolosamente idea quando vi siete accorti che le vendite dei prodotti contenenti olio tropicale segnavano una costante flessione. Questa volta l’invito è più semplice, si tratta di scrivere sulle etichette da dove arriva il grano duro, come fate da anni per la pasta Voiello. L’alternativa è continuare ad essere travolti dalle campagne folcloristiche delle lobby che distruggono l’immagine della pasta italiana.

Fonte: Il Fatto Alimentare