TARANTO: BYE BYE STATO

Lug 26, 2012 | NEWS

A Taranto funziona così, o lavori e convivi con la diossina e l’amianto, o non lavori e impari a convivere con la fame. E’ esattamente questo, in collaborazione con la politica locale e nazionale degli ultimi sessant’anni, il ricatto messo in piedi dall’Ilva, il colosso metallurgico responsabile del 92% della diossina italiana e dell’8% di quella europea.

I sigilli della magistratura per “devasto ambientale” a sei reparti a caldo dell’acciaieria hanno dato inizio ad un effetto domino che ricadrà sugli operai e rischia al contempo di scatenare una guerra civile tra chi vuole lavorare nonostante tutto e chi non ne può più di tumori e leucemie.

A guardare quel che accade tra le vie cittadine viene lo sconforto, la tensione e la disperazione divengono dense quasi quanto quei fumi che da più di mezzo secolo le avvelenano. Ma ancora una volta, come sempre, tra quelli che sembrano essere i due antagonisti di questa vicenda manca il vero colpevole: lo Stato. E si perché qui non si tratta di colori politici o di piccoli periodi storici dove un’amministrazione o un governo si sono sostituiti ad altri, questa è la classica storia all’italiana di negligenza e incompetenza. La prova, se ce ne fosse bisogno, sta nella riunione tenuta a poche ore dalla sentenza tra il presidente della regione Puglia Vendola, il sindaco di Taranto Stefano e il ministro all’Ambiente Clini. Per far cosa? Per parlare di quanto denaro mettere per bonificare Taranto e per creare le condizioni perché l’Ilva possa proseguire nella sua attività. E allora la domanda non è difficile e affiora con tutta la sua violenza: la politica prima dov’era? Dov’era quando quelle persone scrivevano lettere, raccontavano storie e piangevano amici, figli e colleghi? Ora è troppo tardi, oramai lo sanno tutti, lo Stato a Taranto non esiste più.

Negli anni 60 quello splendido porto nello ionio era considerato una meta dei vip, con spiagge da capogiro che attraevano tutta l’attenzione della penisola. Ora invece è una piccola Detroit in mezzo al mare e l’Ilva è diventata più grande della stessa Taranto (la terza città del Mezzogiorno escludendo le isole).

La marea umana di operai che in queste ore sta attraversando le vie del centro tarantino, è bene ribadirlo, non sta difendendo chi ha deturpato la città in ogni suo aspetto, ma solo il proprio posto di lavoro. Non ha alternative se non questa, quella di proteggere gli interessi dell’azienda per garantire un futuro alle proprie famiglie. E’ forse questo il crimine più grande, quasi superiore a quello del devasto ambientale, l’aver fatto del ricatto lo strumento per fare profitti e cancellare diritti.

Non bastano 8 arresti per ripagare Taranto di oltre sessant’anni di soprusi ed ingiustizie, non è questo il modo in cui lo Stato può dimostrare ai suoi abitanti di essere ancora presente. Le risposte passano dalle azioni e non dalle parole. Il resto è solo fumo, ma a volte uccide.