VENTI DI PAURA

Mag 10, 2019 | Dalla Confeuro

È fresca di giornata la notizia sulla stampa che riporta la risposta della Polizia a Roberto Saviano! Il contenuto e i metodi generano sgomento.

“La polizia di Stato serve il Paese e non è piegata ad alcun interesse di parte. Chi sbaglia paga nelle forme prescritte dalla legge. Che pena leggere commenti affrettati e ingenerosi per dispute politiche o per regolare conti personali”.

Perché la questione non riguarda Saviano, ma la nostra sicurezza di manifestare il dissenso, di criticare e lottare per ciò che riteniamo giusto. Se contenuto della risposta dell’account ufficiale della Polizia di Stato a Roberto Saviano non vi causa alcun tipo di ansia e non vi mette a disagio, allora avete un problema. Anzi, abbiamo un problema. Non solo, non tanto, per l’oggetto del contendere, ma per ciò che questa risposta rappresenta, per il precedente gravissimo che costituisce e per il clima che contribuisce a determinare.

Breve constatazioni: da qualche tempo alcune “scelte e comportamenti” di rappresentanti della Polizia di Stato destano perplessità (eufemismo), in (parte degli) ambienti giornalistici e politici. I mutati equilibri di potere e la presenza al Viminale dell’attuale ministro.(………) sembrano aver influenzato in maniera sensibile anche le scelte comunicative e l’approccio all’opinione pubblica (nelle piazze reali e virtuali) di chi rappresenta le istituzioni e detiene il monopolio della forza. L’insistenza con cui (……..) si presenta con la divisa della Polizia e la tendenza ad ampliare il raggio di ciò che considera “decisione politica” (si veda il caso Diciotti), rafforzano poi la sensazione di un mutamento strutturale del rapporto fra politici, istituzioni e forze di polizia. In questo contesto, dunque, la critica verte sul rischio della “politicizzazione” delle FFOO (…..), che non è tanto o soltanto adesione alla linea politica di un partito o di un esponente del governo, ma soprattutto adesione a un modello comunicativo, replica di un frame narrativo, legittimazione di uno schema di rappresentazione della realtà che divide, alimenta tensione e odio.

Tutto ciò, per giunta, in un momento in cui appaiono più che legittime le critiche nei confronti della gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni di dissenso nei confronti delle politiche del governo e degli stessi membri dell’esecutivo. L’agibilità e la sostanziale impunità garantita a Casapound per i fatti di Casal Bruciato gettano un’ulteriore ombra su quanto il “clima” che si respira al Viminale possa incidere nelle scelte operate da questure e prefetture.

Con la risposta a Roberto Saviano, però, si è passati addirittura al livello successivo. La Polizia di Stato (che non ha ancora chiarito chi gestisce quell’account) non solo sceglie di rispondere direttamente alle critiche di uno scrittore (che per inciso è sotto protezione…), ma lo fa in modo aggressivo e minaccioso, delegittimando gli argomenti di un cittadino (“che pena”!) e parlando di “regolamento di conti”. Un linguaggio da baruffa politica, che con il ruolo e la complessità dei compiti della Polizia di Stato non c’entra nulla, ma che soprattutto apre prospettive inquietanti. Che piaccia o meno al Viminale, la Polizia di Stato ha il compito di proteggere e tutelare Saviano “anche” quando muove critiche alla Polizia di Stato o alle istituzioni. E ogni cittadino deve sentirsi libero di criticare le istituzioni e le stesse Forze dell’ordine, senza reprimende intimidatorie o gogna pubblica.

Il punto è che nelle democrazie moderne la separazione dei poteri e il principio di uguaglianza servono anche a modellare il concetto stesso di sicurezza. Che non è solo “sicurezza da…” (ovvero tutela dell’incolumità personale, della proprietà e via discorrendo), ma è anche “sicurezza di…” (ovvero garanzia di poter esercitare i diritti garantiti dagli ordinamenti costituzionali). La sicurezza che è chiamato a garantire chi detiene il monopolio della forza, rappresenta le istituzioni o riveste incarichi pubblici, investe anche concetti come la libertà di espressione, di dissenso, di opinione e manifestazione. Un compito che mal si concilia con un linguaggio aggressivo e allusivo nei confronti di un cittadino che aveva legittimamente espresso una sua valutazione personale. Che quel cittadino fosse Roberto Saviano importa poco. Perché la questione riguarda tutti noi.
…..che pena….

(Fanpage – stralcio articolo – Adriano Biondi – 9 maggio 2019)

Pubblicato oggi 10 maggio 2019 da Rocco Tiso